Dopo il liceo non segue la tradizione familiare (suo padre Antonino, avvocato, fu più volte sindaco di Messina) e si iscrive alla facoltà di Medicina. Si laurea in Medicina a Roma, completando il triennio a Messina e poi laureandosi a Roma nel 1923. Tornato a Messina odora nell’aria che i tempi sono cambiati, con l’avvento al potere del fascismo, e così decide di approfondire la propria attività di ricerca all’estero (Berlino, Parigi, Francoforte e Londra). Diventa professore di Chimica biologica all’università di Messina a 34 anni e, l’anno seguente, di Fisiologia umana. Fa un’esperienza di quattro anni in Paraguay, dove dirige l’istituto di fisiologia umana e cura i feriti per la sanguinosa guerra con la Bolivia, rientra in Italia avendo vinto la cattedra di fisiologia a Sassari. L’anno seguente torna nella sua città, Messina. Rettore dell’ateneo messinese dal 1943 al 1954, si trasferisce poi a Roma, dove siede sulla cattedra del fisiologo di cui era stato allievo, Giuseppe Amantea.
Accanto a un'intensa attività medica e accademica Martino coltiva la passione per la politica, nel solco dei valori liberali incarnati dalla propria famiglia. Nel 1946 viene eletto all’Assemblea costituente nelle liste dell’Unione democratica nazionale, che raggruppa il Partito liberale italiano (liberal conservatore) e Democrazia del lavoro (demo laburisti): la lista ottiene il 6,8% dei consensi conquistando 41 seggi. Due anni dopo è eletto alla Camera. Rieletto nel 1953, entra a far parte del governo Scelba ricoprendo l’incarico di ministro dell’Istruzione. Poltrona, questa, che crea qualche malumore in seno alla maggioranza, visto che la Dc, dal dopoguerra fino alla fine della Prima Repubblica, ha sempre voluto tenere in mano le redini di questo dicastero chiave per la formazione dei giovani. Dopo un rimpasto viene spostato alla Farnesina, mantenendo la carica di ministro degli Esteri anche nel primo governo Segni (1957).
È proprio in questa veste di capo della diplomazia italiana che Martino lascia il segno più importante nella politica italiana e internazionale, divenendo uno degli artefici del processo di integrazione europea. Un ruolo decisivo lo svolge la Conferenza di Messina (3 giugno 1955), che vede la partecipazione dei ministri degli esteri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca). Sullo Stretto viene posta una prima pietra fondamentale per la nascita dell'Europa: nel giro di due anni si arriverà ai Trattati di Roma, che segnano la nascita della Comunità economica europea. La Conferenza di Messina giunge meno di un anno dopo il fallimento della Comunità europea di difesa. Senza Messina molto probabilmente il processo verso la nascita dell’Unione europea avrebbe avuto un fortissimo rallentamento.
In queste parole lungimiranti è condensato il pensiero di Martino in merito al ruolo del nostro Paese nel mondo: “L’Italia appartiene a due differenti sistemi storico-politici. Essa è insieme continentale e mediterranea. […] Tra i vantaggi c’è quello di poter collegare le parti diverse e distinte dell’Europa. […] In particolare, noi possiamo congiungere, mediare, collegare i problemi del Mediterraneo”.
Nei discorsi pronunciati davanti al Parlamento europeo emerge una cosa inequivocabile: Martino non ha mai visto la Comunità Economica Europea come una sommatoria di interessi bensì come uno strumento per unire dei popoli liberi. Tutti gli accordi, siano essi politici, economici, di difesa, sono importanti ma vanno collocati in un contesto generale volto ad assicurare le libertà individuali, la democrazia, lo Stato di diritto. Martino ha ben chiaro, sin dall’inizio, che la Comunità estenderà le proprie frontiere.
Una data chiave nell'attività politico internazionale di Gaetano Martino è il 13 novembre 1956. Il politico messinese parla all’Assemblea generale delle Nazioni unite per un’occasione speciale: l’anno prima l’Italia è stata ammessa all’Onu e quello è il primo discorso di un nostro rappresentante. Martino e i suoi diplomatici hanno fatto un grande sforzo per far ammettere il nostro Paese nelle Nazioni Unite.
Abile mediatore nella crisi del canale di Suez del 1956 tra Francia, Regno Unito, Spagna ed Egitto, Martino si adopera con tutte le proprie forze per il riconoscimento di un “principio di libera di navigazione comune”, secondo una visione di cooperazione internazionale in cui l’Italia ha giocato per decenni un ruolo cruciale in termini geopolitici. Questa opera certosina di mediatore gli vale il titolo di “saggio” dell’Alleanza Atlantica.
Dopo l’impegno alla Farnesina, che si conclude nel 1957, l’anno seguente viene rieletto alla Camera. Resta deputato fino alla sua morte, avvenuta il 21 luglio 1967.
L’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga in un’intervista al Corriere della sera del 2008 definì Gaetano Martino come uno dei “padri” di Gladio (l'organizzazione paramilitare segreta italiana, facente parte della rete occidentale di tipo "Stay-behind"), insieme ad Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar (il servizio
segreto militare).Il padre di Gaetano, Antonio, economista liberale, entrerà in Parlamento nel 1994 con Forza Italia, divenendo poi ministro degli Esteri nel primo governo Berlusconi, e successivamente ministro della Difesa.