Il garantista Pisapia spara su Grillo «Pensi a sé: lui non è incensurato»

MilanoL'affondo che non ti aspetti arriva da una direzione a sorpresa. È il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia (nel tondo), alfiere dei garantisti, a ricordare la fedina penale non proprio linda di Beppe Grillo. «Grillo fa bene a candidare persone incensurate, ma dovrebbe pensare a sé visto che incensurato non è, perché ha una condanna passata in giudicato» dice Pisapia. Torna in mente l'episodio della campagna elettorale in cui fu l'allora sindaco, Letizia Moratti, a ricordare allo sfidante suoi antichi problemi con la giustizia, che nel caso di Pisapia, però, si sono risolti con una completa assoluzione. Beppe Grillo, invece, è stato condannato per omicidio colposo a seguito di un incidente stradale, con sentenza convalidata in Cassazione.
Siamo al Circolo della Stampa, alla presentazione del libro di Roberto Gelmini L'onestà al potere, dedicato a Gabriele Albertini. Sul palco un parterre importante e politicamente variegato, che va da Pisapia e il suo predecessore Albertini al presidente della Camera, Gianfranco Fini, all'ex presidente, Pier Ferdinando Casini, e al segretario del Pdl, Angelino Alfano. E sono tutti pieni di complimenti per gli anni in cui Albertini è stato sindaco di Milano. Lui affonda il piede sull'acceleratore e, tolto lo sguardo dal passato, ricorda la sua tessera numero 296 del Pdl e guarda a un futuro politico, magari in Regione Lombardia: «Non lo escludo. Se ci fosse più di uno interessato, potrei riconsiderare la mia prossima pensione dorata».
Al momento si vola molto più alto. Il tema è l'onestà e Albertini dice che non basta, è necessario che «sia al servizio del buongoverno». Alfano declina il concetto: «Albertini ha codificato la moralità del fare. Bravura non è non sporcarsi le mani non facendo nulla, ma essersi dimostrati onesti dopo aver messo le mani nel forno e averle tirate fuori non sporche di farina».

Casini invita a non aspettarsi troppo dalla legge anticorruzione, sia pur necessaria: «Non ci sarà nessuna legge, neppure la migliore, che estirpa la corruzione, che fa parte della vita. Noi uomini politici non possiamo accettare il presupposto qualunquista che politica sia uguale a malaffare». E Fini chiede di andare oltre i partiti, «strumento inadeguato nel terzo millennio».

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