Politica

«Garanzia giovani», il piano è un bluff

Doveva essere la ciliegina sulla torta del Jobs Act, si sta rivelando un boccone amaro.
La Garanzia giovani, il piano da 1,5 miliardi di euro per il biennio 2014-15, metà stanziati dall'Europa e metà dal governo per aiutare i giovani disoccupati e dare un input ai 2,2 milioni di «Neet» («Not in education, employment or training»: quelli che non studiano, non lavorano e nemmeno cercano un impiego) è sempre più vicina al flop. Il programma partito il 1° maggio (data non casuale, anche se il primo taglio del nastro, poi slittato, era previsto per gennaio scorso, quando alla guida del ministero del Lavoro c'era ancora Enrico Giovannini) ha ricevuto finora 110mila adesioni. Ma le offerte avanzate dalle aziende sono poco più di 4mila. E ad addentrarsi nel meccanismo, si scopre che questo numero esiguo è solo la punta dell'iceberg. Andiamo con ordine.
Il piano prevede che oltre al portale nazionale (www.garanziagiovani.gov.it, che nelle prime settimane di avvio ha avuto anche più di un problema tecnico) ci si possa iscrivere su quelli delle singole regioni (tuttora inesistenti per Abruzzo e Sicilia). Da questi «cervelloni», dove i 15-29enni caricano la propria richiesta indicando il territorio di interesse, dovrebbe partire lo smistamento da parte dei centri pubblici per l'impiego. Domande scandagliate e classificate a seconda della tipologia, delle competenze del candidato, delle chance messe in palio dalle aziende. Sempre, però, che tutti gli Enti abbiano già redatto il «piano di attuazione». Cioè l'atto con cui ogni Regione stabilisce come intende utilizzare le risorse, a chi indirizzarle, quali sono le azioni concrete da realizzare. Secondo l'ultimo monitoraggio effettuato da un gruppo di ricercatori del Centro studi «Marco Biagi» dell'Università di Modena, e aggiornato proprio ieri, 6 Regioni su 20 - Basilicata, Molise, Sardegna, Umbria, Valle d'Aosta, Marche (anche se per quest'ultima esiste una bozza) - non hanno ancora questo piano. Ogni Regione è autonoma, ciascuno va a velocità diverse. E così, a più di due mesi dalla partenza della Garanzia Giovani, ai giovani è garantito ben poco.
Ma attenzione, qui viene il bello: persino dire «a due mesi dall'avvio ufficiale» non è corretto. Non in Italia. Sui tempi il governo bluffa, il ministero ha stabilito (lo si legge sul portale Garanzia Giovani, sezione «aderisci») che i quattro mesi per raggiungere gli obiettivi indicati dall'Europa decorrono dal momento del colloquio presso i servizi competenti. Cioè dal momento in cui il singolo candidato viene chiamato dal centro per l'impiego di quel territorio per effettuare un primo colloquio, conoscitivo, di primo livello. «Il piano europeo prevede invece che i quattro mesi decorrano dalla registrazione al programma», spiega Giulia Rosolen, una delle ricercatrici che ha effettuato il monitoraggio. La situazione italiana «comporta una dilatazione dei tempi non in linea con i dettami comunitari, ma soprattutto, ed è quel che è peggio, con la necessità di dare risposte tempestive ai ragazzi che sono beneficiari del programma, lasciandoli dunque privi di “garanzia”», aggiunge Rosolen. Le informazioni su questo fronte sono ancora peggiori: finora la cosiddetta «presa in carico» da parte dei centri per l'impiego pubblici, con conseguente avvio dei primi colloqui, è cominciata solo in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Toscana. In quest'ultima regione i colloqui sono stati circa tremila. Ma in totale i giovani che, ad oggi, hanno ricevuto concretamente delle offerte sono meno di 610. Sui 110mila che hanno fatto domanda: una goccia nel mare.


E quanti di questi stiano già lavorando o facendo altre esperienze formative, non si sa: «Questo è un dato al quale non riusciamo ad accedere», spiegano ancora dal centro studi «Marco Biagi».
Twitter @giulianadevivo

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