Se Mariastella Gelmini si dice convinta che «alla fine» Berlusconi tornerà in prima linea, Roberto Calderoli continua a «non crederci» e pensa che presto «spunterà il vero candidato» che «probabilmente non sarà un tesserato del Pdl». Il segno, insomma, che alla fine il Cavaliere sta riuscendo a creare intorno al suo eventuale ritorno in campo la suspense che cercava. La decisione finale, infatti, è probabile che non l'abbia ancora davvero presa, ma al momento le quotazioni propendono tutte per la sua sesta candidatura a Palazzo Chigi.
Il punto - come faceva notare qualche giorno fa l'ex premier ad alcuni collaboratori è però che se davvero dovesse tornare in prima linea allora andrebbe sfruttato «al meglio» l'effetto annuncio, con tanto di appuntamento pubblico curato in ogni dettaglio per spiegare agli italiani le ragioni per cui si ripresenta. Ed è questa la ragione per cui Berlusconi non ha affatto gradito le prime indiscrezioni sul suo ritorno in pista e forse anche il motivo per cui sul punto è da qualche settimana piuttosto sfuggente.
Di certo, prima di arrivare a prendere una decisione il Cavaliere vuole aver chiaro quale sarà l'agenda che porterà alle urne. Insomma, non è un dettaglio capire quando e come (cioè con quale legge elettorale e quindi con quali alleanze) si voterà. Solo allora Berlusconi scioglierà davvero la riserva. «Sta valutando le varie opzioni sul tavolo spiega la deputata del Pdl Maria Rosaria Rossi e come al solito è pronto ad assumersi le sue responsabilità». Ma senza nessuna fretta. Già, perché tutto vuole l'ex premier fuorché accelerare la corsa verso le urne, magari dando corda a chi nel Pdl e soprattutto nel Pd spera di votare già a novembre. Troppo presto, soprattutto considerando che quella del Cavaliere sarà una campagna elettorale nella quale cercherà di recuperare i cinque-sei punti che secondo i sondaggi separano oggi Pdl e Pd. Ecco perché Berlusconi ripete a chi ha occasione di sentirlo che non ha alcuna intenzione di staccare la spina, che non vuole certo assumersi una simile responsabilità. Insomma, se il Colle o il Pd decidessero in questo senso dovrebbero poi farsene carico davanti agli italiani.
Sostegno a Monti, dunque. Ma spiega l'ex premier in privato non «incondizionato». Già la trentaquattresima fiducia in otto mesi di governo (quella dei primi di agosto sulla spending review) Berlusconi l'aveva trovata un po' una forzatura e così era piuttosto prevedibile che sul ddl anticorruzione il Pdl avrebbe alzato le barricate. «Il testo deve essere concordato con noi, altrimenti se il governo deciderà di mettere la fiducia non la voteremo», spiega il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri seguito a stretto giro dal suo omologo alla Camera Fabrizio Cicchitto. «Da parte nostra aggiunge c'è la volontà di una legge contro la corruzione, ma vanno chiariti alcuni aspetti per evitare che invece della corruzione si combattano altre cose». Il Pdl, non è un mistero, sarebbe infatti favorevole a un «trittico» corruzione-intercettazioni-responsabilità civile dei giudici. Ad affrontare cioè le questioni insieme.
Continua, intanto, lo scontro tra Pdl e Terzo polo. E se domenica era stata l'intervista di Angelino Alfano al Corriere della Sera a scatenare il Fli, ieri è toccato a quella di Gianfranco Fini a Repubblica riaccendere lo scontro. Con grande soddisfazione dei finiani, visto che la polemica non fa altro che da megafono alle parole dell'ex presidente della Camera che altrimenti sarebbero scivolate con la sordina.
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