«Germania contro Mario Draghi ed Eurolandia, entra la Corte!». Il cancelliere non pronuncerà proprio queste parole, ma in sostanza le due udienze di domani e mercoledì presso l'Alta corte di Karlsruhe possono riassumersi secondo questo semplice schema. Questa volta il supremo organo tedesco è chiamato a giudicare la legittimità costituzionale dell'Omt (Outright Monetary Transactions), lo scudo salva-Stati della Bce voluto fortemente da Draghi per evitare nuove crisi da spread. Saranno ascoltate come persone informate dei fatti sia il componente del direttorio dell'Eurotower, Jörg Asmussen (già consigliere economico di Angela Merkel), sia il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann. Quest'ultimo è la vera incarnazione della «volontà di potenza economica» della Germania: ha votato contro l'Omt e ha favorito l'emergere del dissenso nel direttivo che il 2 maggio ha deciso il taglio dei tassi allo 0,5 per cento. Anche se si tratterà di due testimonianze, in realtà sarà un vero e proprio processo a Mario Draghi. Ecco perché a Berlino e dintorni ha suscitato scalpore il fatto che il presidente abbia deciso di non intervenire personalmente, ma abbia scelto di farsi rappresentare da un esponente tedesco.
La campagna di stampa teutonica contro gli acquisti illimitati di bond sovrani dei Paesi in difficoltà è partita da mesi ma ieri ha raggiunto il suo apice. La Frankfürter Allgemeine Zeitung ha rivelato che Draghi avrebbe deciso di limitare la compravendita di titoli sovrani a una soglia di 524 miliardi di euro (il valore complessivo dei bond con scadenze fino a tre anni di Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia) proprio per prevenire un eventuale pronunciamento negativo di Karlsruhe. L'indiscrezione è stata smentita con decisione dall'ufficio stampa della Bce: «La potenza di fuoco a disposizione è illimitata». In un'intervista al settimanale Bild Asmussen, invece, ha difeso l'Omt, in pratica anticipando i contenuti della propria testimonianza. Il programma di riacquisto dei bond sovrani, deciso lo scorso anno e ancora mai attivato, è «economicamente necessario, legalmente permesso ed efficiente nel suo impatto». La Bce, ha ricordato, lo «scorso anno era la sola istituzione europea in grado di agire» durante la fase più acuta della crisi e i mercati «hanno compreso il messaggio». È merito di Draghi, infatti, se lo spread tra i nostri Btp e il Bund dai 537 punti della scorsa estate si è ridotto ai 264 di venerdì scorso.
Ecco, la questione di fondo è tutta racchiusa nelle parole di Asmussen. I 35mila cittadini tedeschi, che hanno presentato ricorso all'Alta corte, vogliono sapere se l'Omt possa mettere a repentaglio la sovranità di bilancio del Bundestag e, soprattutto, se l'eventuale intervento comunitario sui Paesi in difficoltà esuli dalle competenze trasferite da Berlino alla Bce, cioè a difesa della stabilità dei prezzi. Argomenti ai quali Draghi & C. hanno sempre replicato che il problema non si pone giacché la crisi ha rallentato l'inflazione e oggi il vero spettro è la deflazione. Che si combatte proprio attraverso l'immissione di liquidità sul mercato.
Ma Weidmann, banchiere centrale indipendente che interpreta assai bene la politica economica di Angela Merkel, è convinto che «non c'è conflitto tra consolidamento fiscale e crescita»: l'Omt, insomma, è un «finanziamento mascherato» che ricade sulle spalle dei contribuenti tedeschi. Alla faccia della Comunità europea, del principio di maggioranza (la Bundesbank ha solo il 19% circa del capitale della Bce) e della solidarietà fra Stati. Grecia, Spagna e, nel caso, l'Italia dovrebbero togliersi dai guai da sole. Questo ritornello funziona: la Cdu-Csu di Merkel è ampiamente in testa nei sondaggi per le elezioni politiche di settembre con il 42% dei consensi. Ed è difficile che si schiodi da queste posizioni. Certo, occorrerebbe ricordare che nel quadriennio 2009-2012 la bilancia commerciale Germania-Europa è stata sempre in attivo oltre i 120 miliardi di euro e che dal 2002, anno di introduzione dell'euro, il surplus con Eurolandia è stato superiore ai 1.500 miliardi. Allo stesso modo, bisogna segnalare che le manovre taglia-debito, realizzate dall'Italia su input tedesco nel periodo 2009-2013, sono costate al nostro Paese 230 miliardi in termini di mancata crescita economica, come ha recentemente documentato la Corte dei conti. Non è illogico affermare che l'euro a trazione germanica abbia comportato nel decennio un trasferimento di ricchezza verso Berlino dal resto del Vecchio continente.
Questo Draghi non lo dirà mai così come non dirà che, tutto sommato, è giusto che il flusso di capitali possa invertirsi in caso di necessità (soprattutto ora che la stessa Germania sta pagando gli effetti dell'austerity imposta ai propri partner). Semplicemente Draghi non ci sta a farsi processare pubblicamente per entrare proprio malgrado nella campagna elettorale di Merkel. Soprattutto sapendo che il salomonico verdetto dell'Alta corte sarà pronunciato in autunno, dopo le elezioni.
Draghi si è imposto una linea neutrale: esterna a fasi alterne (una volta parla di crescita, un'altra di rigore) per non indispettire la Germania e cerca di fare da parafulmine all'euro. Sperando che gli speculatori non si accorgano presto che il cavallo tedesco tira in direzione opposta all'euro-carro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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