da Roma
La causa di beatificazione di Pio XII non si sblocca perché il Papa «vuole avere buoni rapporti con gli ebrei». Benedetto XVI vuole pure «andare in Israele al più presto», ma questo «è impossibile fino a quando la didascalia sotto la fotografia di Pio XII al museo dello Yad Vashem, evidente falsificazione storica, non sarà rimossa». Sono le due dichiarazioni rilasciate all’agenzia Ansa dal relatore della causa di beatificazione di Pacelli, il gesuita tedesco Peter Gumpel, che ieri hanno rilanciato la polemica sul Pontefice scomparso cinquant’anni fa. Gumpel è stato intervistato in merito a presunti nuovi documenti (in realtà già notissimi) che metterebbero in cattiva luce Pio XII, ma quelle due affermazioni hanno provocato una dichiarazione di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, il quale, pur auspicando una «nuova e approfondita considerazione da parte dei responsabili del museo» per cambiare la didascalia dello Yad Vashem, ha però affermato a chiare lettere che questo elemento, «per quanto rilevante» non è «determinante per una decisione su un eventuale viaggio del Papa in Terrasanta». Dunque Benedetto XVI andrà in Israele anche se la didascalia rimanesse.
Qual è la ragione delle affermazioni di Gumpel? «È noto – spiega il gesuita al Giornale – che la decisione unanime della Congregazione delle cause dei santi in favore della proclamazione delle virtù eroiche di Papa Pacelli è stata presa nel maggio 2007. Benedetto XVI ha chiesto altri approfondimenti, che sono stati fatti. Ora, se l’attesa si prolunga, si pensa che ciò possa essere determinato dalla volontà del Pontefice di continuare ad avere buone relazioni tra Chiesa e mondo ebraico. Proprio alcuni esponenti di quel mondo, infatti, avevano fatto presente che l’eventuale beatificazione di Pio XII potrebbe compromettere irrimediabilmente i rapporti. Come si sa – aggiunge il relatore della causa di beatificazione – l’opinione su Pacelli sta cambiando, il convegno organizzato a Roma dall’ebreo americano Gary Krupp, presidente di Pave the Way, che ha riesaminato e presentato un’ampia documentazione in favore di Pio XII, ha rappresentato un segnale importante. Il Papa nel giro di tre settimane è intervenuto sull’argomento due volte ripetendo in entrambi i casi che il suo predecessore nel tempo difficile della guerra fece quanto poteva per evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. È possibile che attenda qualche nuovo segnale e qualche gesto distensivo da parte del mondo ebraico».
Uno di questi gesti potrebbe essere rappresentato da ritocchi sul testo della famosa didascalia posta sotto l’effigie di Pacelli al museo della Shoah. «L’immagine di Pio XII – continua Gumpel – è posta nella cosiddetta “Sala della vergogna”, dove si trovano i capi di Stato che non fecero nulla per gli ebrei. La didascalia che l’accompagna è un’offesa per i cattolici. Per questo mi sembra difficile se non impossibile che il Pontefice possa recarsi in Israele e visitare il museo dove un suo predecessore, sulla cui tomba nei giorni scorsi è andato a pregare, viene presentato in quel modo».
Su questo punto, però, padre Lombardi ha precisato: «È noto che sul testo della didascalia su Pio XII nel Museo di Yad Vashem già in passato il rappresentante della Santa Sede in Israele ha manifestato obiezioni. È auspicabile quindi che sia oggetto di una nuova obiettiva e approfondita considerazione da parte dei responsabili del Museo». «Tuttavia – ha aggiunto – per quanto rilevante, non si può considerare questo fatto come determinante per una decisione su un eventuale viaggio del Papa in Terrasanta, viaggio che – com’è noto - è nei desideri del Papa, ma per ora non è stato ancora concretamente programmato». «Quanto alla causa di beatificazione – ha concluso - ripeto che il Papa non ha a tutt’oggi firmato il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII, firma che è la premessa per la prosecuzione dell’iter della causa. Ciò è oggetto da parte sua di approfondimento e di riflessione, e in questa situazione non è opportuno cercare di esercitare su di lui pressioni in un senso o nell’altro».
I presunti nuovi documenti citati in questi giorni riguardano il rapporto che il diplomatico inglese Osborne avrebbe inviato al suo governo riferendo dell’udienza con Pio XII subito dopo la razzia del ghetto di Roma. Il Papa non ne parlò. In realtà, spiega padre Gumpel, «quell’incontro avvenne il 14 ottobre, non il 18, quindi Pio XII non ne poteva parlare perché non era ancora avvenuta, così come del resto non ne parlò Osborne».
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