A Napoli, dove il tempo diventa presto uno sberleffo, i soprannomi si sprecano. Ieri sul Corriere della Sera Aldo Grasso ne elencava alcuni: «Giggino 'o floppe» e ancora «Giggino 'ncoppa a gaffe». Ormai, Luigi De Magistris è solo la controfigura dell'icona arancione che un anno fa arringava le piazze e proclamava sicuro: «Sono un plusvalore che presto la sinistra italiana non potrà fare a meno di utilizzare a livello di leadership nazionale». Figurarsi.
Ma lui resiste nel bunker costruito con i mattoni del complottismo e della dietrologia. Così quando ha saputo che il fratello Claudio, suo consulente a titolo gratuito, è indagato per concorso in turbativa d'asta in relazione a quattro appalti in vista delle edizioni 2012 e 2013 dell'America's Cup di vela, non si è perso d'animo. Prima lo ha difeso senza se e senza ma: «È una persona perbene». Ora va anche oltre lanciando via Twitter un messaggio che è lo specchio della sua ideologia ombrosa e autoreferenziale: «Vedremo se sarà più forte la macchina del fango che opera da anni o passione e amore che abbiamo per rivoluzionare». L'italiano è traballante, quasi più di quello del suo amico e padre spirituale Antonio Di Pietro, che pure non è in un momento sfolgorante, ma questo è un dettaglio; quel che lascia sgomenti è la facilità sconcertante con cui affronta un'inchiesta delicata e imbarazzante. Ma sì, la macchina del fango è un classico del «demagistris pensiero», chiamiamolo così. Sin da quando era pm a Catanzaro e le prime pagine dei giornali davano spazio alle sue clamorose indagini, partite sempre in quinta e poi puntualmente impantanate fra mille problemi, errori e svarioni. Allora l'inossidabile De Magistris spingeva le proprie investigazioni con il sacro furore del sacerdote della legge. E gridava all'universo modo. «L'azione penale è obbligatoria»; «La legge è uguale per tutti», «Mai e poi mai mi fermerò davanti ai potenti e ai loro misfatti»; «Mai abbasserò la spada» luccicante della giustizia.
Poi, al primo tonfo, si rannicchiava nella bolla del proprio ego e sfidava il mondo a colpi di roboanti dichiarazioni: «Ce l'hanno con me». «Mi vogliono fermare». «C'è un complotto». «I poteri forti». «La macchina del fango». Un'accozzaglia di luoghi comuni e zero analisi dei limiti stridenti del suo lavoro. Da sindaco di Napoli lo schema non è cambiato: c'è lui che raddrizza il mondo e gli altri che lo capovolgono. Ora che i giudici hanno bussato alla sua porta il mantra è ripartito: a Napoli sarebbe entrata in azione la macchina del fango, la stessa che evocava a parti rovesciate quando Berlusconi e i suoi criticavano gli avvisi di garanzia, i rinvii a giudizio, le sentenze di condanna. Allora la magistratura era sinonimo di purezza, ora è eterodiretta da manine e manone. Manca la Spectre e poi la compagnia è al completo.
De Magistris il duro e il puro. Finché la Procura non ha cominciato a mettere il naso negli affari della sua giunta e a controllare l'operato del fratello. Allora la musica è cambiata. Con una bella capriola l'epopea è diventata una controrequisitoria. Contro i pm. Contro i nemici nell'ombra.
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