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Il giorno dei falchi: firmate le dimissioni

I deputati di Forza Italia sottoscrivono le lettere di addio: consegnate a Brunetta. E anche al Senato verso l'unanimità degli azzurri: raccolte 87 missive su 91 eletti

Il giorno dei falchi: firmate le dimissioni

«Con la presente intendo rassegnare le mie dimissioni da membro della Camera». Inizia così la lettera che Renato Brunetta, capogruppo Pdl a Montecitorio, indirizza al presidente Laura Boldrini. Una delle decine scritte nel corso di un giorno concitato e adrenalinico da deputati e senatori della rinascente Forza Italia. «Io mi sono già dimesso e a uno a uno lo faranno tutti», dice quasi sollevato l'(ex?) deputato Ignazio Abrignani, primo non solo in ordine alfabetico. E infatti i numeri crescono di ora in ora e alla Camera in serata si raggiunge il 100 per cento di dimissionari: 96 su 96, alcuni facilitati da una sorta di lettera-modello prestampata. Altri - e sono la maggioranza - scrivendola da sé. «Quando si tratta di Berlusconi siamo tutti falchi», sintetizza il deputato Luca D'Alessandro che fa la radiocronaca di quanto sta accadendo a Montecitorio. «La decisione già c'era, ma le parole di Napolitano hanno accelerato la raccolta. E che siamo tutti uniti lo dimostra il fatto che a raccogliere le dimissioni sia Renato Brunetta, non proprio un falco». Ma nemmeno una colomba, aggiungiamo noi.

Il quale Brunetta sventola la lettera appena uscita dalla stampante, per dimostrare che non sono solo chiacchiere. «Mi ha indotto a questa decisione - vi si legge - l'aver constatato che, prima la giunta per le elezioni e poi l'assemblea del Senato, pur in presenza di consistenti dubbi di legittimità costituzionale delle norme del testo unico Severino, e pur essendo nella sede giurisdizionale di verifica dei poteri, anziché riconoscere la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale di tali norme abbiano votato per la decadenza del senatore Berlusconi, con disprezzo delle ragioni di diritto e delle più elementari garanzie costituzionali». Un «vulnus inaccettabile del diritto e della vita istituzionale che non mi consente di permanere nell'ufficio di parlamentare».

Daniela Santanchè ovviamente non ha aspettato l'attacco del Capo dello Stato. «Sto andando a consegnare le dimissioni nelle mani del mio capogruppo - annuncia di prima mattina a Radio Città Futura - poi il 4 ottobre vediamo cosa succede». E che potrebbe succedere? Magari la caduta del governo? «Dovete chiederlo a Jo Condor», scherza la «Pitonessa», con il tono di chi non metterà certo il lutto, nel caso. «Siamo tutti decaduti, come le foglie, che però poi rinascono più forti, più vigorose», dice poi, quasi poetica. Poi arrivano le parole di un Napolitano «inquietato» dalle dimissioni di massa e la Santanchè torna alla prosa: «Il presidente della Repubblica dovrebbe inquietarsi sì, ma per l'apertura da parte dell'Europa del procedimento di infrazione sull'irresponsabilità dei giudici italiani».

A Palazzo Madama in serata 87 dei 91 senatori del gruppo avevano scritto la loro lettera di dimissioni al presidente poi consegnata a Renato Schifani. E l'obiettivo è arrivare nei prossimi giorni al sold out con gli altri quattro, ieri fuori Roma per motivi vari. Tra i firmatari anche Domenico Scilipoti. Ognuno degli «aventiniani» ha scelto da sé le parole, senza alcun copia-e-incolla, a dare un maggiore significato simbolico al gesto. Inutile secondo quanti dal centrosinistra ricordano che in caso di dimissioni subentrerebbero i primi Pdl non eletti. Da tutta Italia però arrivano annunci preventivi di dimissioni anche dai possibili futuri subentranti.

Sarà un bluff, ma è un bluff con il punto in mano.

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