Giusto, un modo per incentivare la meritocrazia

di Massimiliano Lussana
Certo, funziona così dappertutto. Sapere che il vicino di scrivania - e il vicino di scrivania, quasi per definizione, è sempre «un cretino» - guadagna di più di te, è qualcosa che indigna. E che, anziché aumentare la produttività, la deprime ulteriormente. Quindi, apparentemente, lo studio americano è uno di quelli «autorevoli» solo per autocertificazione e non ha alcuna speranza di attecchire alle nostre latitudini. Anzi, sembra fatto apposta per essere smentito dai fatti, visto che l'invidia è uno dei motori del mondo, in particolare del mondo del lavoro. Però? Posso dirlo, al di là di ogni ipocrisia? Io non credo che siamo tutti uguali. Soprattutto nel settore pubblico, una tale pratica andrebbe resa obbligatoria. Ma, anche nel privato, ha una sua logica. Non credo che il premio Nobel meriti di essere pagato meno di me e che il «cretino» di cui sopra meriti di essere pagato più di me. Credo che la «meritocrazia» sia qualcosa di più di una belle parola di cui riempirsi la bocca, preferibilmente solo in campagna elettorale, ma che sia un esercizio da praticare ogni giorno. E che, proprio in nome della «meritocrazia», sia giusto che gli stipendi siano diversi, commisurati al valore di chi lavora e al tipo di apporto che porta all'azienda. Quindi - visto che, ovviamente, come tutti gli italiani, penso di essere pagato meno di quello che valgo e soprattutto del valore aggiunto che porto alla mia azienda - non avrei alcun problema ad autorizzare la pubblicazione del mio stipendio. Anzi, di più. Visto che pago tutte le tasse fino all'ultimo centesimo - magari più per obbligo, che per virtù, ma fino all'ultimo centesimo - auspicherei la pubblicazione del mio reddito sui muri dell'azienda. Sapendo, da perfetto arci-italiano e super-rosicone quale sono, di poterlo giustificare completamente e di poter spiegare che, comunque, è inferiore a quanto mi meriterei. Certo, poi, la trasparenza assoluta non sempre porta sempre vantaggi. Ci sono colleghe che, grazie al push-up e all'effetto «vedo non vedo», sembrano la controfigura di Belen.

Poi, una volta messe a nudo, rendono passibile di querela anche solo l'accostamento linguistico a Belen. Ecco, anche con gli stipendi funziona allo stesso modo. Meglio vederli e arrabbiarsi subito, piuttosto che nasconderli. Ma arrabbiarsi di più dopo, quando li scopri.

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