La legge deve essere uguale per tutti, cantilenano gli esponenti del Pd quando si tratta di Silvio Berlusconi. La legge sì, i regolamenti evidentemente no. Si possono modificare a piacere e convenienza dello stesso Pd. Lo ha fatto ieri la Giunta per il regolamento del Senato, che con una risicata maggioranza (7 a 6) rimpolpata da dem ed ex tali ha deciso che l'aula di Palazzo Madama si esprimerà sulla decadenza del Cav da senatore con voto palese e non segreto, come si è fatto finora. Una decisione che sbianchetta il buon senso e quasi di sicuro il titolo di «sen» davanti al cognome Berlusconi. Il voto palese infatti rende molto arduo sfuggire alle logiche di schieramento.
Quando sarà calendarizzato il voto dell'aula ognuno non voterà secondo coscienza ma secondo segreteria. E la contabilità condanna l'ex premier.
Un agguato, una porcata, uno scempio, una violenza. Sono tante le parole che dal Pdl (ma non solo) rimbalzano per definire il comportamento della giunta (per il cambio) del regolamento. Protagonista di giornata Linda Lanzillotta, senatrice di Scelta civica già Pd (è sposata con l'ex ministro Franco Bassanini), che non a caso si infila a tutta velocità nell'autostrada aperta dal suo ex partito. È lei a far pendere la bilancia dalla parte del sì al voto palese sommando il suo assenso a quelli scontati dei tre Pd (Anna Finocchiaro, Francesco Russo e Luigi Zanda), dei due grillini (Maurizio Buccarella e Vincenzo Santangelo) e di Loredana De Petris (Sel) contro i sei no di Pdl (Anna Maria Bernini, Donato Bruno e Francesco Nitto Palma), Roberto Calderoli (Lega), Mario Ferrara (Gal) e Karl Zeller (Svp). Una scelta poco civica, che fa guadagnare alla Lanzillotta il biasimo del collega di partito Tito Di Maggio (che parla di decisione «vergognosa in quanto conferma una prassi consolidata in casa Pd, secondo cui se la legge piace la si applica, se la legge non piace la si interpreta. E non sorprende, ma spiace che la stessa linea sia adottata dalla collega Lanzillotta») e soprattutto contraddice quando dichiarato dalla senatrice montiana appena due settimana fa: «Il voto segreto su persone ha storicamente tutelato la libertà di giudizio dei singoli parlamentari. Personalmente come sono contraria alle leggi ad personam sono contraria alle norme contra personam». Ieri la smemorata senatrice montiana sosteneva invece che «quello sulla decadenza di Berlusconi non sarà un voto sulla persona, ma sul suo status di parlamentare. Pertanto non sarà necessario il voto segreto». E oplà, la giravolta è servita.
Che la trappola contro il senatore Berlusconi stesse per scattare si era capito sin dall'inizio della giornata, raccontata via facebook dal grillino Buccarella, poi stoppato dal presidente Piero Grasso. Quando la Lanzillotta ha sciolto la riserva espressa nei giorni scorsi annunciando il suo appoggio al voto palese è diventato tutto chiaro. C'è stato più thrilling nella scelta del tramezzino in pausa pranzo che al momento del voto.
In realtà la decisione di ieri un piccolo spiraglio lo lascia aperto. Un articolo del regolamento, il 113 comma 3 consente a un gruppo di almeno 20 senatori di chiedere il voto segreto per la corretta applicazione degli articoli della Costituzione che vanno dal 13 al 32 (tranne il 23). Quindi i senatori del Pdl potrebbero in un ordine del giorno appellarsi alla tesi peraltro sempre sostenuta che la legge Severino viola l'irretroattività delle norme (articolo 25 della Carta).
In questo caso la patata bollente finirebbe nelle mani di Grasso, che probabilmente interpellerebbe di nuovo la Giunta per il regolamento. Ma perché questa dovrebbe esprimersi in modo differente da ieri? Insomma, il Pd ha deciso: sarà decadenza. E chi tiene alle regole dovrà andarle a ripescare dal cassonetto in cui sono state gettate ieri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.