Come previsto, il centro, i casiniani, gli uomini vicino a Monti si sono accaparrati i posti chiave della televisione pubblica. Ma, nelle nomine approvate ieri, non tutto è filato liscio. Anzi, l'indicazione del nuovo direttore del Tg1, Mario Orfeo, avvenuta con ben quattro voti contrari su nove, mostra che la strada scelta dal dg Gubitosi è debole e che il consiglio non è così tanto al suo fianco come immaginava. Ma partiamo dai nomi scelti. A partire dal primo gennaio, le direzioni saranno così affidate: al Tg1 appunto Orfeo, proveniente dal Messaggero; a Raiuno Giancarlo Leone (con conseguente eliminazione della struttura Intrattenimento da lui guidata per poco tempo); a Raidue Angelo Teodoli che si assume il difficile incarico di ridare vita alla rete; a Raitre Andrea Vianello, il conduttore di Agorà; infine alla direzione dei palinsesti Marcello Ciannamea.
Come raccontato ieri, tutti professionisti di lungo corso, tutti interni Rai tranne Orfeo (che però già diresse il Tg2), ma anche quasi tutti espressione di quel centro che una volta si chiamava Democrazia cristiana e che oggi si richiama all'Udc e al governo Monti. I nove consiglieri si sono espressi quasi all'unanimità (non per Teodoli) sui direttori di rete. Invece si sono spaccati sull'incarico a Orfeo al Tg1: voti scontati a favore del presidente Tarantola e di Pinto (consigliere espresso dal dicastero dell'Economia) più quelli dei «vecchi» consiglieri de Laurentiis (Udc), Verro e Rositani (centro destra) che hanno votato nella logica del «meno peggio». Voti contrari di tutti i nuovi consiglieri: Luisa Todini e Antonio Pilati (centrodestra), Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo (espressione della cosidetta «società civile» cui Bersani diede il compito di indicare i due nomi). Insomma, Orfeo è stato bocciato da mezza destra e da sinistra. Motivazione? Dalle varie dichiarazioni politiche si desume la contrarietà alla scelta di persone espressione diretta del governo.
In sostanza: prima si dava retta alle pressioni dei vari partiti, ora invece a quelle di Monti e di chi ruota intorno a lui. Dicono le varie associazioni «civili» e anche il sindacato interno dei giornalisti Rai: «Abbiamo assistito alle solite pressioni esterne di uomini della vecchia maggioranza e di lobbies nuove». Un attacco diretto al dg Gubitosi che sarebbe prono alle indicazioni governative e avrebbe mostrato ben poca di quell'autonomia tanto sbandierata.
Concetto ribadito, da destra, da Alessio Butti, della Commissione vigilanza Rai, in riferimento alle nuove regole del consiglio di amministrazione bocciate clamorosamente dal Cda medesimo (divieto di parlare direttamente con i direttori e divieto di comunicare all'esterno i lavori consigliari): le decisioni su una nuova governance spettano al parlamento, non al governo, dice in sostanza Butti. Insomma, la Rai libera resta un sogno.
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