Graffio agli Uffizi, pugnalata all'Italia

A Firenze cade una porzione di intonaco affrescato. Ma i veri danni alle nostre ricchezze sono altrove

Un pezzo dell'affresco del '500 che si è staccato dal soffitto di un corridoio alla Galleria degli Uffizi
Un pezzo dell'affresco del '500 che si è staccato dal soffitto di un corridoio alla Galleria degli Uffizi

Ho passato due giorni a Monte San Savino, città perfetta, poco lontano da Arezzo. Ho ammirato la buona manutenzione del monastero delle Vertighe, dove una celestiale comunità francescana garantisce ordine e pulizia. La città è probabilmente bene amministrata, con molte persone consapevoli dell'importanza del patrimonio della città. Soprattutto donne, dal sindaco Margherita Scarpellini all'assessore alle Pari opportunità Erica Rampini, all'architetta Ilaria De Andreis, a Marcella Luzzi, a Anna Caselli; ma anche uomini, come il dominus Claudio Zeni, il farmacista Paturzo col fratello storico dell'architettura.
Ma i bei monumenti, il Palazzo del Comune, architettura superba di Antonio da Sangallo, le logge di Sansovino, le chiese di Santa Chiara con le bellissime terracotte invetriate, di San Giuseppe con la decorazione tardo barocca, e del Suffragio, interamente affrescata dall'Ademollo, sembrano abbandonate. E lo sono, nonostante i buoni propositi degli amministratori, paralizzati dal Patto di Stabilità. Della straordinaria importanza di queste testimonianze, lo Stato non sembra né consapevole né responsabile.
Oggi cade un affresco da un soffitto degli Uffizi e benché sia un danno modesto, fa notizia. Un operaio-restauratore ha messo il piede non su una trave ma sull'incannicciato, sfondando il soffitto. Quindi una «non notizia», che girerà il mondo, tanto da chiedermene conto il Giornale perché, eventualmente, come era accaduto a Pompei, si possa fare un po' di retorica sul malgoverno dei Beni culturali.
Qui si dovrebbe dire l'opposto. Gli Uffizi hanno un ottimo Direttore, Antonio Natali, e Firenze una premurosissima Sovrintendente, Cristina Acidini. Ma il Governo è assente. E basta un piccolo pretesto a rilevarlo. Naturalmente dove l'assenza è più grave non se ne parla. L'abbandono di Monte San Savino non fa notizia, mentre una porzione di intonaco caduta agli Uffizi farà parlare il mondo. La morale è che gli stranieri hanno una ben più alta considerazione del patrimonio artistico rispetto ai politici nostrani, per i quali è uno scomodo ingombro cui soccorrere con miseri avanzi di bilancio.
Ho provato invano a parlarne a Berlusconi ma anche per le altre parti politiche, la considerazione non cambia. Lo ha ben rilevato Gian Antonio Stella nell'articolo sul Corriere, sabato scorso, sul patrimonio dimenticato. Usciremo dalla campagna elettorale avendo sentito la parola Imu 12500 volte, la parola spread 8950, e mai una volta il nome di Giotto, Botticelli, Gentileschi, ma anche di Lucca, Ferrara, Venezia, Firenze e Roma, come se la campagna elettorale si svolgesse in Namibia.
La stolida ignoranza e l'assoluta mancanza di attenzione per il nostro patrimonio artistico appaiono incomprensibili. Chiunque considera ricco chi abbia una collezione con dipinti di Van Gogh, Picasso, Degas. Chissà perché non è lo stesso per i capolavori contenuti negli Uffizi, i Botticelli, i Masaccio, i Mantegna... Per questo ho inutilmente proposto una fusione del ministero dell'Economia con quello della Cultura. Creando non un ministero di principi, d'indirizzi, di orientamento ideale, ma un vero e proprio ministero del Tesoro dei Beni culturali.
La centralità di questo diverso punto di vista sull'economia, è determinante e indiscutibile, ma non sembra percepita se non demagogicamente in occasioni di emergenza come il crollo di un noioso soffitto, che cade sulla campagna elettorale come la crisi del Monte dei Paschi e determina un indesiderato dibattito. Forse è salutare. Forse ancora una volta inutile. Ma la sensazione che ho, da sempre, è che in questa minorità e marginalità dei Beni culturali nella percezione dei nostri politici, ci sia una colpa grave come di chi disperda o sciupi cose bellissime. Una forma di vandalismo inconsapevole.


Sarebbe come se si dovesse stabilire il futuro delle Maldive prescindendo dal mare e occupandosi della coltivazione delle patate. In questa nebbia del pensiero si muove la politica italiana e queste elezioni ne sono un'altra tragica e banale conferma.

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