Il gran derby dei pasticcioni

Il gran derby dei pasticcioni

di Mario Giordano

La Spagna è in un precipizio. L'Italia è nell’abisso. Sprofondate entrambe. Eppure adesso siamo qui, in cima all’Europa, nel punto più alto possibile, con un pallone in una mano e lo spread nell’altra, felici e contenti, a giocarci la finale dell’Europeo con le nostre divise ufficiali e, sotto, le pezze al culo. Saremo i più scassati del continente, saremo la zavorra della Ue, saremo i furbetti del quartierino di Bruxelles, saremo tutto quello che volete, ma adesso siamo lassù, tre metri sopra il cielo di Kiev e trenta metri sopra la zucca della Merkel. Abbiamo scalato la vetta sfoderando un calcio inversamente proporzionale alla nostra economia, abbiamo fatto correre la palla come purtroppo non sappiamo più far correre il Pil, abbiamo brillato nelle azioni di gioco come purtroppo non brilliamo più da tempo nelle azioni di Borsa. E adesso ci godiamo questo momento, la rivincita di noi pasticcioni, italiani e spagnoli, dall’abisso alle stelle, tutti gli altri che ci stanno a guardare là sotto. Con un eurobond di invidia e il rating della bile fuori controllo. Perché così va il mondo, cari amici crucchi, e speriamo che la lezione vi sia servita: anche in campo voi avete avuto il rigore. Ma il rigore non basta per vincere.
Alla faccia della vostra algida prosopopea antimediterranea, alla faccia del vostro nordico disprezzo che questa volta rimane negli spogliatoi. Noi di rigori ne abbiamo sempre avuti pochi, e se ce li abbiamo ce li pappiamo col cucchiaio, come fa Pirlo. Perché un giocatore non si giudica mica da questi particolari di Maastricht: un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia. Noi e gli spagnoli di fantasia ne abbiamo avuta sempre molta: copriamo con i trucchi i bilanci, occultiamo le perdite, c’inventiamo consulenze farlocche per dilapidare i denari dei contribuenti, riempiamo gli uffici di statali inutili, magari raccomandati, abbiamo trasformato i nostri enti pubblici in carrozzoni folkloristici quasi impossibili da governare. Però loro con tre tocchi vanno in porta e noi abbiamo Balotelli-Cassano: forse non bastano come garanzie per i fondi della Bce, forse non sono sufficienti per ripianare il debito pubblico. Ma che goduria vederli giocare.
E dunque avanti, siate felici: per stasera siamo noi i padroni dell’Europa, per stasera siamo noi a dettare le regole, la geometria che conta non è quella del board ma quella del centrocampo. E si rassegnino Ficht, Moody’s e Standard&Poor che nel corso degli ultimi mesi ci hanno bastonato a suon di declassamenti, A3, BAA3 e altri passaggi più o meno sbagliati: si rassegnino perché non sanno giocare a calcio, pur essendo assai più pasticcioni di noi. Il 26 giugno erano stato declassate 28 banche spagnole, poche settimane prima 26 banche italiane, il 25 maggio il rating S&P della Spagna era passato a BBB+, quello italiano è sceso a febbraio ad A3. Capaci tutti. Provate a declassare Iniesta e Pirlo, se ne siete capaci.
Non ci riuscirete. E allora, addio precipizio, l’abisso può attendere: stasera siamo sulla testa del mondo. E lasciateci sognare con i nostri bilanci da pulcinella e le riforme che non si riescono mai a fare. Il Pil crolla? Buffon e Casillas lo sapranno fermare: il meno 1,7 per cento (loro) sarà forse più pericoloso di un’incursione di Marchisio? E il meno 1,2 per cento (nostro) sarà forse più minaccioso di un tiro di Xabi Alonso? La fuga di capitali, in fondo, è meno preoccupante della fuga dei terzini: se scappano i soldi pazienza, l’importante che non ci scappi un gol. Le banche chiedono liquidi? Diamogli un po’ di Gatorade dalla panchina. La ripresa è un problema? Proviamo a dare tutto nel primo tempo. Non si riesce a fare il firewall? Mettiamo in campo Barzagli e Piqué, loro sì che fanno muro. Finalmente siamo persino riusciti a bloccare il turn over. Degli impiegati pubblici? Macché: dei titolari di Prandelli.
Infatti per noi giocheranno più o meno gli stessi, quelli che ci hanno portato quassù in cima all’Europa, avendo per una volta se non il pallino in mano, almeno il pallone nei piedi. E che hanno trasformato stasera nella festa di noi pasticcioni, furbastri e declassati, una specie di rivincita euro-evangelica, gli ultimi dell’Ue che saranno i primi. Ma sì, dai: la Germania sfiorerà pure la piena occupazione, ma stasera staranno tutti lì, senza lavoro, nemmeno un maxi schermo da montare. Gli spagnoli e noi, invece, 25 e all’11 per cento di disoccupazione, roba che per un giovane trovare un impiego è più difficile che trovare Monica Bellucci sotto casa nuda e con un mazzo di rose in mano: epperò, stasera, ditemi voi se qualcuno rimarrà disoccupato, ditemi voi se qualcuno rimarrà senza un impiego. Nessuno: saremo tutti in piazza, dalle ramblas al Circo Massimo, con le nostre economie deprimenti e le nostre squadre esaltanti, comunque vincitori, entrambi, della partita europea.

Pasticcioni sì, ma di gran classe. E se da domani torna la tempesta su bond e Btp, che importa? Stasera non contano i titoli di Stato, contano solo i titoli sportivi. Stasera persino Sergios Ramos e Chiellini sono meglio dei project bond.

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