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Il grande errore dei politici: dare carta bianca ai giudici

La serata con Sgarbi e Feltri sul palco di Sanremo diventa la fotografia impietosa di un sistema malato. Col potere legislativo immobile che vive sotto schiaffo delle toghe

Il grande errore dei politici: dare carta bianca ai giudici

Vittorio Feltri, Stefano Lorenzetto e Vittorio Sgarbi. Tutti insieme. Sul palco di Controcorrente a Sanremo. Inutile maneggiare con cura: infatti si scatenano subito, e il dibattito va a battere sul tema del giorno.
La resa dei conti tra i giudici e Silvio Berlusconi. Feltri e Sgarbi sparigliano e sorprendono il pubblico. Certo, chiunque guardi i fatti con un minimo di obiettività non può negare che il Cavaliere sia vittima di una persecuzione ormai ventennale, iniziata in singolare coincidenza col suo impegno in politica. Certo, chiunque guardi i fatti con un minimo di obiettività non può negare che al Cavaliere, ma anche ai giornalisti di centrodestra (caso Sallusti docet), vengano inflitte pene spropositate. Certo, chiunque guardi i fatti con un minimo di obiettività, non può negare che la magistratura purtroppo sia screditata dai tempi di Mani pulite, quando furono usati metodi da regime illiberale e quando un solo partito, sappiamo quale, si salvò dalla bufera giusto in tempo per mettere in moto la sua «gioiosa macchina da guerra». Che andò a schiantarsi elettoralmente contro Forza Italia, uscendone distrutta e umiliata. Tutto questo è vero. Ma anche parziale.
L'altra faccia della medaglia, sottolineata da molti interventi, è l'immobilismo del potere legislativo, costantemente sotto schiaffo. La giustizia soffre di problemi che vanno al di là del caso Berlusconi. Lentezze clamorose, divisioni in correnti, inchieste utilizzate come trampolino di lancio per tragicomiche avventure politiche, la separazione delle carriere, la responsabilità civile.
Sono le questioni poste dai referendum radicali. Niente da fare. Il potere politico è arretrato, e quello giudiziario ha occupato lo spazio libero che ha trovato innanzi a sé. Tra l'altro, dietro a questa fuga dei parlamentari dalle proprie responsabilità, c'è forse una scarsa conoscenza delle aule. Dove alberga una parte consistente di toghe niente affatto rosse, scandalizzate dalla partigianeria dei colleghi. Non da oggi ma dall'epoca dei suicidi in carcere. Ebbene sì, ecco la notizia che il centrodestra ignora: esiste una maggioranza silenziosa anche tra i magistrati, così perbene, così rispettosa del proprio ruolo da tacere. Ma chi se ne cura, chi li conosce? Nessuno. E così restano in campo solo gli ignoranti del diritto, sia pure muniti di laurea in giurisprudenza. Questi ultimi, ritenuti di solito totali incompetenti dai loro stessi colleghi, diventano regolarmente gli idoli della stampa manettara guidata da buffi editorialisti convinti di essere Montesquieu perché hanno letto due sentenze senza capirle.
Feltri e Sgarbi hanno ripercorso i passi incerti di una politica così allo sbando da cancellare l'immunità parlamentare senza rendersi conto che in questo modo crollava una sistema di garanzie studiato dai costituenti proprio per evitare il caos di questi giorni. Un ritocco demagogico alla Carta (più bella del mondo, secondo la sinistra) dagli effetti disastrosi. Lorenzetto, stimolato dal pubblico, ha concluso la serata con un carico da novanta.
Dopo aver raccontato come è nato il suo scoop sul giudice Esposito, antiberlusconiano dichiarato a cui (solo per caso, immaginiamo) è stato affidato in Cassazione il processo Mediaset, ha raccontato di aver svolto indagini difensive in vista della querela di Esposito stesso. Pur senza rivelare nulla di concreto, la firma del Giornale ha dichiarato, sardonico, che quando le carte diventeranno pubbliche nel corso dell'eventuale dibattimento, ci sarà da ridere.

E da mettersi ancora una volta le mani nei capelli.

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