Grasso e Napolitano calpestano il Senato

Il Consiglio di presidenza vota no alla costituzione di parte civile contro Berlusconi. Ma l'ex pm ribalta tutto, il ruolo del Colle

Grasso e Napolitano calpestano il Senato

Pietro Grasso vuol decidere da solo. E decide che il Senato si costituirà parte civile nel processo contro Silvio Berlusconi, per la presunta compravendita di senatori. Lo fa, contro il parere del Consiglio di presidenza cui lui stesso ha chiesto di esprimersi e che ha detto no, con 10 contro 8. Con una scelta clamorosa il presidente del Senato non si uniforma all'indicazione della maggioranza composta da Fi, Gal, Ncd, Lega, con i voti risolutivi di Antonio De Poli (ex Udc oggi Per l'Italia) e Linda Lanzillotta(Sc), ma si allinea con Pd, Sel, M5S e Autonomie. Grasso spiega che l'«ineludibile dovere morale di partecipazione all'accertamento della verità» è legato al fatto che sia il pm che il giudice hanno indicato Palazzo Madama come «“persona offesa” di fatti asseritamente avvenuti all'interno del Senato, e comunque relativi alla dignità dell'istituzione». Così, l'avvocatura dello Stato rappresenterà Palazzo Madama nel processo che inizierà l'11 febbraio.

Quando c'è di mezzo il Cavaliere tutto diventa eccezionale, in politica e in giustizia. Questa è la prima volta nella storia italiana che il Senato entra come soggetto danneggiato dal reato eventualmente commesso da un suo membro (ora, ex) in un processo. Una decisione soprattutto simbolica, che non ha precedenti. Per qualcuno, concordata con il Quirinale. Grasso fa sapere che ha voluto ascoltare tutti ma l'orientamento del vertice del Senato non era vincolante, né si trattava di voti e che lui ha deciso sulle carte. In più, si precisa a Palazzo Madama, quegli 8 «sì» della riunione proiettati nelle forze politiche rappresentano la maggioranza dell'aula. Che il presidente rivendicasse autonomia si era capito quando ha chiuso la riunione con una frase significativa: «Valuterò la decisione da prendere...». «... Sulla base dei numeri», è intervenuto un senatore di centrodestra. E lui: «... E delle argomentazioni».

Per tutto il pomeriggio sono arrivati gli animati appelli dai fronti avversi. Grasso dev'essere super partes, dice Fi. No deve dare un segnale contro la corruzione, replicavano Dem e M5S. I grillini sembravano pronti a riservargli il trattamento-Boldrini. E s'infuriava il leader Idv Antonio Di Pietro, ricordando che il suo partito al processo è già parte civile, visto che riguarda il cambio di casacca di Sergio De Gregorio. Tutto sembrava bloccato, anche perché Palazzo Madama aveva tempo fino al 24 giugno. E le carte, arrivate il 5 novembre, erano rimaste nel cassetto finora. In serata, invece, la notizia e le polemiche. L'accolgono con un applauso i senatori Dem: «Ora anche il Pd si costituisca parte civile. È un dovere civico», dice il responsabile giustizia Danilo Leva. Forza Italia invece accusa. «L'asse Napolitano-Grasso - dichiara Daniela Santanchè - fa molto male al Paese. Napolitano che dice il governo non si tocca scavalcando le sue prerogative, Grasso che decide per la prima volta di costituirsi parte civile contro Berlusconi, tutti e due non ci stanno e non sanno più cosa fare per evitare di nuovo che Berlusconi sia protagonista della scena politica e del cambiamento del Paese». Per il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri «la decisione di Grasso è un gravissimo vulnus».

«Quando si scelse il voto palese per la decadenza di Berlusconi - ricorda Lucio Malan - si prese come pretesto il parere, consultivo, della Giunta per il regolamento: 7 a 6. Ora s'ignora una chiara maggioranza di 10 a 8».

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