Grasso getta la toga e si fa arruolare dal Pd

Grasso getta la toga e si fa arruolare dal Pd

RomaAnche Piero Grasso «sale» in politica. Ma non nella lista Monti, come pensavano in molti, bensì nel Pd. Il procuratore nazionale antimafia lascia la magistratura per candidarsi e le indiscrezioni già lo vedono destinato alla poltrona di Guardasigilli.
Pier Luigi Bersani lo presenterà stamattina nella sede nazionale del Pd, come il fiore all'occhiello della sua lista, la garanzia di una decisa lotta per la legalità, contro la criminalità comune e soprattutto organizzata. «Quello di Grasso primo segnale di impegno durissimo del Pd contro le mafie. Altri ne verranno», scrive su Twitter il vicesegretario Enrico Letta. Naturalmente, il superprocuratore appare come l'anti-Ingroia, anche se nel Pd si contesta questa lettura. «Grasso era un patrimonio nella lotta alla mafia - attacca il segretario Pdl Angelino Alfano - adesso anche lui prende parte e va a sinistra, a me sembra la risposta di Bersani alla candidatura di Ingroia. Il procuratore avrebbe potuto sottrarsi a questa sfida». Dicono che Bersani abbia tessuto la sua tela personalmente e discretamente per arruolare Grasso, tanto che sono stati colti di sorpresa molti dei suoi più stretti collaboratori, come tanti pm nella Dna. Le prossime elezioni a questo punto si preannunciano affollate di toghe. Dopo la clamorosa scelta di Antonio Ingroia al fianco dell'ex magistrato oggi sindaco di Napoli Luigi De Magistris con il movimento degli Arancioni, chiede l'aspettativa elettorale al Csm pure l'ex pm antiterrorismo Stefano Dambruoso schierato con Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo. Lo stesso ha già fatto il giudice Stefano Amore, di cui si parla come candidato Pdl al vertice della Regione Lazio.
Quella di Grasso è una scelta senza ritorno: chiede al Csm l'aspettativa per motivi elettorali per candidarsi a gennaio, ma anche il pensionamento dal 28 febbraio quando avrà maturato i tempi per andare a riposo con le migliori condizioni. Nell'entourage del superprocuratore assicurano che le dimissioni sono «irrevocabili» e il Csm dovrà solo prenderne atto nel plenum straordinario del 7 gennaio. Il suo è un pensionamento anticipato, visto che poteva restare in servizio fino a gennaio 2020 e che il mandato di otto anni alla Dna scadrebbe ad ottobre.
Dal partito di Silvio Berlusconi è un fuoco di fila contro Grasso: il superprocuratore antimafia, dice Gaetano Quagliariello, «ancora in carica fa una conferenza stampa con Bersani in sede Pd: è riuscito a superare il guatemalteco. Complimenti, non era facile». Attaccano i capigruppo di Senato e Camera. Maurizio Gasparri chiede a Grasso: «Con questa sua scelta ritiene di aver rafforzato o indebolito il concetto di indipendenza della magistratura, già così messo a dura prova da troppi togati?». Fabrizio Cicchitto definisce «paradossale e inquietante» la scelta politica di alcuni magistrati antimafia, accomunando Grasso a Ingroia. «Il sogno della poltrona in parlamento - critica Francesco Paolo Sisto -, se non per Grasso in un ministero, ahimè ha colpito ancora, inaspettatamente e dolorosamente».

Le polemiche non mancano anche fuori dal Pdl, mentre Pino Arlacchi del Pd invita a non confondere Grasso con Ingroia, «perché 40 anni di servizio fanno la differenza» e Pier Ferdinando Casini conferma la sua stima. Francesco Barbato dell'Idv legge invece la candidatura come «un colpo basso alla democrazia» e Massimo Corsaro, dei Fratelli d'Italia sottolinea: «Il passaggio da un potere all'altro può sempre suonare sospetto».

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