Stabilità, governo sbugiardato da Corte Conti e Bankitalia. Il Cav e Alfano a Palazzo Chigi

Grilli assicura che la legge garantisce la redistribuzione della ricchezza: "Il 99% dei nostri contribuenti ha effetti positivi". Ma Bankitalia: "Manovra correttiva in primavera"

È scontro duro sui numeri. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli difende l'impalcatura della legge di stabilità: "Non chiediamo al Paese ulteriori sacrifici". Nel corso di un’audizione in parlamento spiega che le misure consentono di "ridurre e ridistribuire il carico fiscale, in particolare per le famiglie, ponendo attenzione all’equità". "Il 99% dei nostri contribuenti ha effetti positivi", ha sottolineato il titolare dell'Economia spiegando che esiste comuqnue una diversità a seconda delle fasce di reddito. Diversità che dovrebbe favorire maggiormente quelle più basse. Doveroso il condizionale perché, stando ai dati forniti dalla Corte dei Conti, la situazione è completamente diversa: il mix "meno Irpef e più Iva" sarebbe, infatti, sfavorevole per i contribuenti Irpef collocati nelle più basse classi di reddito. Ovvero 20 milioni di soggetti fino a 15mila euro.

Nell'intento del governo Monti la legge di stabilità è una sfida per far ripartire l’economia. Secondo Grilli, infatti, le nuove misure introdotte dall'esecutivo avranno "un impatto positivo per aumentare la crescita" pari allo 0,1% del prodotto interno lordo. A partire dalla riduzione della pressione fiscale. Le misure sull’Irpef dovrebbero coinvolgere quasi 31 milioni di contribuenti con un beneficio medio di 160 euro pro capite. "Nella manovra fiscale - ha spiegat Grilli in parlamento - il vantaggio complessivo va per il 54% a favore di contribuenti con lavoro dipendente, per il 34% a pensionati, il 10% ai cittadini con reddito da lavoro autonomo, il restante 2% agli altri". Sempre secondo i dati del dicastero di via XX Settembre, i contribuenti sfavoriti, per i quali l’aggravio derivante dall’introduzione della franchigia di 250 euro e del tetto massimo di spesa detraibile prevale rispetto al beneficio della riduzione delle aliquote, sarebbero poco meno 500mila, con un aggravio medio di circa 190 euro pro capite. Sopra i 200mila euro l’impatto negativo delle misure riguarda il 9% dei contribuenti. Spiegando i motivi per cui il governo ha scelto di inserire nella legge di stabilità il combinato tra aumento dell’Iva e calo dell’Irpef, Grilli ha fatto notare che "chi evade l'Irpef non evade l’Iva". "L’alleggerimento della pressione fiscale in termini di imposizione diretta - ha spiegato il ministro dell'Economia - garantisce una migliore redistribuzione della ricchezza nazionale, contribuendo all’aumento pro capite del reddito disponibile e della consequenziale capacità di acquisto, anche in funzione di propulsione della domanda interna". Stando ai dati forniti da Grilli in parlamento, l’aumento dell’Iva riguarderebbe il 50% dei consumi e "i consumi meno rilevanti per le fasce di reddito più basse" dal momento che i beni di prima necessità o sono al 4% (aliquota che non viene toccata) o sono senza imposta sul valore aggiunto.

A sbugiardare l'arringa difensiva del ministro alla legge di stabilità ci ha pensato la magistratura contabile che ha letteralmente ribaltato la lettura del ddl fatta dal governo. Altro che benefici. Altro che fine dei sacrifici. In audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino ha spiegato che c'è il "rischio" di un aumento dell’Imu e delle tariffe comunali per compensare "i tagli di spesa e i nuovi aggravi" derivanti dalla legge di stabilità che riguardano le amministrazioni locali. Non solo. La magistratura contabile ha indicato "il rischio di un deterioramento della tax compliance, sia in conseguenza del depotenziamento del contrasto di interessi prodotto dai tagli a detrazioni e deduzioni di spesa in settori ad elevato rischio di evasione, sia per le ricadute negative che la deroga ai principi dello Statuto dei contribuenti potrebbe produrre sulla trasparenza e sulla lealtà nel rapporto fisco-contribuente". Il terzo rischio indicato da Giampaolino riguarda "l’incertezza circa la natura degli oneri detraibili e deducibili su cui opereranno i tagli del disegno di legge" (franchigia e tetto alla spesa complessivamente detraibili, ndr). Pur trattandosi di un intervento di dimensioni complessive limitate, la Corte dei Conti ha chiesto al governo di chiarire "se siano interessati dalla manovra interventi agevolativi suscettibili di revisione o soppressione o, invece, elementi strutturali dell’assetto Irpef, che insieme alle aliquote e agli scaglioni configurano l’equilibrio dell’imposta".

Le stesse preoccupazioni della magistratura contabile sono state confermate anche dalla Banca d'Italia. Tanto che preannucnia per la prossima primavera un'ulteriore finanziaria. Una manovra correttiva da circa 3 miliardi, abbastanza soft per mettere ulterioramente in crisi i già fragili rapporti tra il premier Mario Monti e i partiti che gli garantiscono la maggioranza in parlamento."Vi è il rischio che molti enti decentrati, per compensare gli effetti sulla quantità e qualità dei servizi forniti, inaspriscano l’imposizione fiscale locale", ha affermato il vice direttore Salvatore Rossi, nel corso dell’audizione alla Camera sulla legge di stabilità, facendo riferimento anche all’Imu. Per il numero due dell'istituto di via Naziole, l’evidenza finora disponibile con riferimento alle aliquote dell’Imu deliberate dai Comuni suffraga "la rilevanza del rischio" che le tasse locali aumentino a breve. Non solo.

Secondo Rossi, potrebbe essere "prudente" prevedere - "eventualmente in primavera, quando sarà riconsiderato il profilo programmatico e qualora la ripresa dell’economia già si preannunciasse" - un'ulteriore manovra correttiva tale da "assicurare il pareggio in termini strutturali anche dopo il 2013".

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