Grillo ci ripensa: no a governi tecnici

Grillo ci ripensa: no a governi tecnici

RomaAndiamo con ordine. E con molta pazienza. L'argomento è molto delicato. L'idea è quella di cercare di capire cosa vuole Grillo e cosa vogliono i grillini eletti in Parlamento. Bisogna andarci con i piedi di piombo, però. Soprattutto per non essere accusati di essere «giornalisti-Ruzzle», vale a dire cronisti che rielaborano le lettere come nello «scrubble elettronico» solo per trovare parole «adatte», lessemi capaci di dare senso.
Tre giorni fa il «Verbo» era: mai un'alleanza con il Pd. Se Bersani vuole la fiducia - spiegavano Grillo e i grillini - vada a chiederla al Pdl di Berlusconi.
Lunedì è stata la volta del governo tecnico. Piacerà ai grillini? Si chiedevano i cronisti che assediavano l'hotel Universo, dove era in corso la prima riunione «plenaria» dei neo eletti del Movimento 5 Stelle. Ecco le parole di Vito Crimi, fresco di investitura a capogruppo dei senatori del movimento: «Abbiamo detto più volte che una fiducia a un governo politico dei partiti non la daremo». Tutto chiaro? Non proprio. Detta così sembrerebbe un'apertura a un esecutivo «tecnico» (anche perché a qualcuno, prima o poi, la fiducia bisogna pur darla). E invece anche la validità di questa dichiarazione è durata lo spazio di una giornata. Ieri, infatti, è intervenuto lo stesso Grillo a chiarire il tutto. Già di prima mattina sul blog del comico genovese campeggiava una dichiarazione sufficientemente esplicita. «Il Movimento 5 Stelle non darà la fiducia a un governo tecnico» spiega Grillo che, a sostegno della scelta, aggiunge: «in natura non esistono governi tecnici ma solo governi politici sostenuti da maggioranze parlamentari». Da qui all'anatema nei confronti di Monti il passo è brevissimo. «Il suo - aggiunge il leader del Movimento - è stato il governo più politico del dopoguerra, nessuno prima aveva mai messo in discussione l'articolo 18 a difesa dei lavoratori». E sempre sul governo tecnico aggiunge questa perla: «Una foglia di fico per non far apparire le vere responsabilità di governo di Pd e Pdl».
A questo punto l'impasse è garantita. Come anche scontati i grattacapi per l'inquilino del Colle, alle prese con un semestre bianco mai così turbolento nella storia della nostra Repubblica. Per venire incontro a Napolitano Grillo ha un solo suggerimento: «Un governo del Movimento 5 Stelle che attui subito e senza indugio i primi 20 punti del nostro programma». E a suggello di questa proposta arriva anche la dichiarazione di un neo eletto del suo movimento, Alfonso Bonafede, che ai microfoni di Un giorno da pecora (Radio2) accetta la proposta-provocazione del sindaco di Bari Michele Emiliano (Pd). «Un governo presieduto da Grillo? Perché no?».
Intanto emerge una situazione inedita per i grillini ma non per chi è uso frequentare i palazzi del potere. I neo eletti del Movimento stanno ricevendo le prime richieste di raccomandazione. Ed è sempre Grillo a dare la risposta valida per tutti: «Ci chiedono soprattutto un lavoro. E la soluzione è semplice e sta tra i primi punti del nostro programma: il reddito minimo di cittadinanza».
Tra frasi a effetto, maschere suggestive (vedi il piumino con copricapo integrale) e smarcamenti degni dei bizantinismi da Prima Repubblica (ricordate le «convergenze parallele»?), Grillo sta cercando una soluzione tutta politica all'impasse nel quale è caduto anche il suo movimento. Ed ecco che i distinguo e le note di disappunto compaiono sempre più frequenti anche nel suo blog. Tra le altre, abbiamo scelto le parole di Gessica. «Siete lì e siete in tanti, e grazie al nostro voto.

Basta insulti, basta chiacchiere! Risolvete i problemi! Gli italiani hanno votato e non hanno intenzione di rifarlo a breve. Mi sentite? Siamo stufi! Persino il diritto al voto lo state rendendo ridicolo». Ecco i primi effetti della democrazia 2.0.

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