U n mattino, al risveglio da sogni inquieti, Beppe Grillo si trovò trasformato in un enorme ragno.
E da lì sono cominciati i guai. Il grillo parla, ti riempie la testa con le sue reprimende morali, fa saltare ogni volta la tua coscienza, e accompagna con un canto stridente i pomeriggi d'estate. Ti ricorda che l'inverno sta arrivando. Il grillo è un rompiscatole, ma il suo è un potere leggero, immateriale, si accontenta del palcoscenico, offre buoni consigli perché è troppo saggio, o furbo, per dare il cattivo esempio. Solo che adesso il Grillo assomiglia sempre di più a un ragno. Sopra la barba gli sono cresciuti strani capelli da libertino, gli occhi non hanno più l'aspra malinconia dei genovesi, ma assumono quel rosso Rasputin da chi la notte dorme poco e male. Che sta succedendo al Grillo? La colpa, dicono, è della ragnatela. Beppe questa storia della rete la considera l'inizio della sua narrazione. Tutto parte da lì. La rete è la politica senza padroncini, cacicchi e leccapiedi. È orizzontale e manda in frantumi la piramide dei privilegi. La rete è la società degli uguali. Non c'è Nord o Sud. Non c'è un sopra e un sotto. La rete è dialogo, contatto, confronto, trasparenza, mi piace e non mi piace. Tu parli, io commento, noi pensiamo, costruiamo, rifondiamo, e regaliamo un bel vaffa a tutti quelli che vogliono imbrigliarla, la rete. Se poi stai nella rete di Grillo non puoi che essere onesto, disinteressato, pulito, competente, aggiornato, un tecnico senza la patente politica dei tecnici. L'importante è che la rete sia immune da quella malattia dell'uomo che da sempre chiamano potere. Due esperienze come politico e poi il tuo compito è finito. Torni a casa come Cincinnato. Grillo a questa storia ci crede così tanto che ha scelto un archiweb per tessere questa città ideale, questa meravigliosa utopia.
Per fare una rete, cioè una ragnatela, ci vuole un ragno. Il ragno in questa storia si chiama Gianroberto Casaleggio. Il grillo e il ragno ora si muovono in simbiosi. Non sai dove finisce l'uno e comincia l'altro. Si guardano e si riconoscono. Tessono e friniscono, friniscono e tessono. E la ragnatela diventa sempre più grande. Il sospetto adesso è che la favola della grande rete sia una bufala. Non è vero che la sua struttura non ha dimensione e ti mette al riparo dal gioco dei troni, dalla seduzione del potere. La rete non ha sopra e sotto, ma ha un centro ed è lì che si trova il ragno. Accade così che quelli che si ritrovano imbrigliati nell'opera del grande tessitore cominciano ad avere l'impressione che non stanno lì come protagonisti alla pari nella grande avventura. No. Stanno lì come scorta, come cibo, come libellule e falene che devono dare corpo e anima alla ragnatela. Il ragno le usa, le tiene lì, e quando non servono più se le mangia. Come ha detto Grillo? «Ci sono questi due o tre ragazzotti che sono entrati nel panico. Erano disoccupati e per un po' di anni si sono ritrovati a prendere uno stipendio da tremila euro al mese e adesso si sentono l'acqua alla gola perché devono lasciare. Così vanno in televisione a straparlare di democrazia. Il grano e il poterino purtroppo sono un problema». Grillo ora parla come un capocorrente che liquida i suoi portaborse. Il non partito puzza di partitino da prima repubblica. Che è successo? Semplice. La ragnatela non è una società di uguali. È semplicemente la casa del ragno.
È il ragno che decide dove tessere, dove andare, sceglie la trama e il ricamo, indica i nemici e quelli a cui gettare una corda di aiuto. Gli altri sono utili fino a quando non si agitano, non danno fastidio. Quando poi qualcuno si rende conto della propria condizione e protesta la sua fine è già scritta. Prima il ragno lo imbriglia, lo minaccia e se non va bene lo fa scivolare giù, dannandolo con il suo sputo, come un traditore, come un rifiuto dell'umanità.
Il grillo e il ragno, si è detto, stanno diventando la stessa persona. Mantengono però talenti e funzioni diverse.
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