Berlusconi resta ad Arcore a godersi l’affetto dei familiari. Ne ha bisogno in un momento drammatico. È giù di corda perché anche i servizi sociali, preferiti agli arresti domiciliari, non sono e non saranno una passeggiata. Quello che più lo atterrisce è l’ingiustizia di una sentenza che grida vendetta. A ciò si aggiunge il malumore per un voto in Senato, in Aula, che appare scontato: sarà decadenza. E quindi un futuro alla mercé del pm di turno che, in cerca di gloria per la bastonata definitiva, infierirà su di lui.Certo,c’è ancora chi gli recapita messaggi soft e rassicuranti. Del tipo: vedrai che con il voto segreto nulla è scontato; non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. L’ipotesi è un accordo sottobanco dove parte di piddini o addirittura grillini votino controcorrente e salvino il Cavaliere. Ma è un patto che nessuno può svelare né soprattutto garantire. Berlusconi come sempre ascolta, prende atto, riflette. A un salvataggio in extremis, tuttavia, crede poco.
Sente al telefono qualche pidiellino lealista che ha bisogno di comunicare tutta la sua solidarietà. Il Cavaliere apprezza, ringrazia. Tra questi c’è Maurizio Gasparri, colonnello che ha sempre lavorato per l’unità del Pdl e sulla sua pelle ha vissuto il dolore di tanti strappi politici. Prima quello con Fini e i futuristi, poi quello con La Russa e i fratellitalioti. E lui, Gasparri, tutte le volte è stato nel grande barcone del centrodestra perché «io al bipolarismo credo davvero ». Ha sempre cercato di unire, consapevole che divisi si perde. L’ex colonnello aennino, quindi, butta giù un pentalogo che sembra essere la vera linea del Cavaliere, sebbene in queste ore venga tirato per la giacchetta da molti, specie gli alfanidi. Gasparri, che tra falchi, colombe, corvi e struzzi vuole fare l’aquila che vede oltre, sintetizza così «gli errori da non fare». Detta alle agenzie:«Primo:spaccare un grande partito mentre è in corso un attacco ingiusto e totale a Berlusconi.
Secondo: fare quello che i nostri competitori di sinistra si augurano avvenga, e cioè dividere i gruppi parlamentari. In casa nostra non comandano Enrico Letta, Epifani, Scalfari, Bindi o Cuperlo. Terzo: cedere alla tentazione neocentrista, mai premiata dagli elettori (vedi Monti&Co.) e destinata a creare un centrino subalterno alla sinistra. Quattro: rinunciare al bipolarismo. Gli italiani nonvogliono estremismi ma non rinunciano a un sano e trasparente confronto tra due progetti alternativi. Cinque: farsi dettare la politica fiscale da Fassina e quella dell’immigrazione dalla Boldrini ». Sintesi. Fare la sintesi nel partito. E molti lealisti si accodano a Gasparri: da Altero Matteoli a Mariastella Gelmini, passando a Anna Cinzia Bonfrinsco.
In ogni caso Berlusconi lascia che il partito discuta. A dispetto dei resoconti di molti giornali, non sconfessa affatto la linea del lealista Fitto. Lo conferma Altero Matteoli: «Berlusconi lo conosco da anni e non ha mai, dico mai, sconfessato nessuno. Ha sempre ascoltato tutti, dal primo all’ultimo. Poi, certo, ha deciso e decide come è giusto che faccia un leader ».
Sebbene non metta più in discussione l’appoggio al governo, Berlusconi su un punto non transige: «Non dobbiamo ammainare le nostre bandiere», dice. Specie in materia di politica economica e fiscale. Niente reintroduzione dell’Imu sulla prima, quindi, e niente tasse. Pena il tradimento di valori e programmi che sono il cuore dei moderati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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