Come era prevedibile, la crisi di Sorgenia, la società elettrica del gruppo Cir-De Benedetti, sta diventando ingestibile. Il debito da 1,8 miliardi accumulato in soli 15 anni di vita pesa come un macigno e il nuovo piano industriale al 2016, appena presentato dal management di Sorgenia, non cancella i dubbi sulla sua sostenibilità. Anzi, li aumenta. Così si è ieri appreso che il gruppo Verbund, l’Enel austriaco socio della Cir con il 45,6% di Sorgenia, ha deciso di lasciare la partita: la quota di capitale è stata azzerata, la controllata italiana verrà messa in liquidazione e le probabilità che Verbund partecipi a una iniezione di mezzi freschi sono definitivamente escluse. Questi sarebbero, in sintesi, i contenuti di una lettera che Verbund avrebbe indirizzato alla filiale italiana nei giorni scorsi. Per le banche, Mps in testa, che hanno generosamente prestato 1,8 miliardi alla società controllata al 52% dai De Benedetti, è una brutta mazzata: perdono in un colpo solo la possibilità di ottenere un po’ di capitale fresco dai soci. Anche la Cir infatti, nonostante i 350 milioni netti incassati quest’anno dalla Fininvest per il Lodo Mondadori, non ha alcuna intenzione di mettere mano al portafoglio. Una eventuale disponibilità dei De Benedetti a ricapitalizzare Sorgenia era stata condizionata alla partecipazione contemporanea di Verbund. Un’opzione che,evidentemente, non esiste. Così il cerino rovente e ormai cortissimo resta in mano alle banche, che hanno al momento concesso una moratoria di sei mesi sugli interessi.
In realtà a Mps (la più esposta con circa 600 milioni, oltre che azionista di Sorgenia con l’1,2%), Intesa, Mediobanca, Unicredit, Bpm, Ubi, Banco popolare a altri istituti minori, il gruppo De Benedetti ha chiesto ben altro: una ristrutturazione del debito, con possibile trasformazione in capitale, che comporti un taglio nell’ordine dei 600 milioni. Ma se è vero, come dice Verbund, che la società vale zero, per gli istituti di credito sarà ben difficile spiegare un’operazione di questo tipo ad azionisti e depositanti.
Spietato l’esame fatto dal gruppo austriaco e rivelato ieri dall’agenzia Radiocor . Per Verbund l’analisi di sostenibilità svolto sulla quota in Sorgenia evidenzia «una perdita durevole del valore dell’investimento del gruppo nel settore energetico italiano »,che determina l’azzeramento del valore della partecipazione. Quest’ultimo già a fine 2012 era stato ridotto da 654 milioni a 152 milioni; ora è andato a zero in virtù della «elevata sovraccapacità presente nel mercato italiano», del significativo calo della redditività degli impianti a gas e «delle previsioni macroeconomiche negative che porteranno a una minore domanda di energia in futuro ». È una bocciatura su tutta la linea dell’intero progetto Sorgenia, nato nel ’99 su un’idea di De Benedetti per diversificare le attività della Cir, e gestito negli anni dal figlio dell’Ingegnere, Rodolfo. L’errore strategico è stato quello di puntare sulle centrali a ciclo combinato, divenute poi marginali rispetto a quelle da fonti rinnovabili. Tuttavia i De Benedetti su Sorgenia sono stati ben attenti a non investire troppo capitale, scaricando sul socio Verbund il peso degli aumenti effettuati nel tempo, e sulle banche quello dell finanziamento degli investimenti. Senza peraltro fornire, almeno a quanto pare, garanzie reali su società del gruppo. Gli unici cespiti a garanzia dei crediti bancari sarebbero gli immobili strumentali, cioè le centrali. Che però, almeno secondo Verbund, non valgono più nulla nemmeno quelle.
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