
RomaSpesso la Pubblica amministrazione si rivela nemica del cittadino, con l'imprenditore può essere feroce. Lo dimostra la storia dell'ingegner Stefano Calamani,che ha la sventura di essere da anni creditore della Regione Lazio per 1 milione e 200mila euro e della Regione Calabria per altri 50mila euro. Ancora un milione di euro di crediti lo ha perso perché le aziende debitrici sono fallite, per i ritardi della Pubblica amministrazione. Malgrado questo, pretendeva di investire altri 3 milioni in Abruzzo, con un importante progetto che avrebbe creato ricchezza e occupazione in una zona in grave crisi industriale.
Non che si aspettasse un monumento equestre, ma neppure le bastonate. Ma è andata così. Nel Lazio vogliono che l'imprenditore rinunci agli interessi maturati per recuperare almeno in parte i suoi soldi; in Calabria gli negano il dovuto; in Abruzzo, gli mettono i bastoni tra le ruote, bloccando per una storia di cordoli la costruzione di un centro per la sicurezza stradale, a livello europeo, in un paesino detto Pereto. «A questo punto - dice lui - ho deciso che rinuncio e probabilmente realizzerò il progetto in Croazia, dove ci mettono i tappeti rossi e le autorizzazioni si ottengono in 10 giorni. Per recuperare il milione già speso, sto valutando il ricorso al Tar. D'accordo combattere con la Pa, ma almeno ad armi pari».
Le società di Calamani operano nel settore dei servizi per le infrastrutture di trasporto e sono «virtuose», lavorano cioè con soldi propri senza ricorrere alle banche. Da anni sostengono battaglie con l'amministrazione, ma ora siamo alla beffa. «Una nostra azienda - racconta lui - è creditrice di una società della Regione Lazio da 2 anni di oltre 1,2 milioni, per un servizio del 2010. A nulla sono servite cause, decreti ingiuntivi e precetti perché la società, non ricevendo fondi dalla Regione, non può pagare e non ha beni pignorabili».
Per la legge e la direttiva Ue in materia i debiti andrebbero pagati entro 30 giorni, salvo patti diversi, ma poi si sa che passano anni. Presi per la gola, gli imprenditori come Calamani devono piegarsi anche a condizioni «capestro».Il protocollo d'intesa firmato a maggio 2011 dalla Regione Lazio con le associazioni di categoria delle imprese e alcuni istituti finanziari propone di cedere il credito ad alcune banche convenzionate, incassando il 95% del credito (nel caso in questione, 60mila euro vanno alla banca), rinunciando agli interessi (150mila euro) e al contenzioso legale. «Quando ce lo proporranno dovremo accettare - dice Calamani- non abbiamo alternative. Una serie di decreti del ministero dell'Economia ha consentito ad alcuni tipi di aziende creditrici nei confronti della Pa di certificare i propri crediti e cederli alle banche, ma sul credito certificato continuano a maturare gli interessi per ritardato pagamento. Com'è possibile che un'amministrazione pubblica proponga ad aziende private di disattendere una norma nazionale, che recepisce un obbligo imposto dall'Ue?».
Peggio è andata in Calabria, dove la Regione non ci pensa neppure a pagare i 50mila euro che deve da 3 anni. «Al decreto ingiuntivo - spiega Calamani - hanno proposto un'opposizione pretestuosa, solo per dilazionare il pagamento. La prossima udienza? Fissata tra un anno e mezzo».
E veniamo all'ultima, paradossale, vicenda. Qualche mese fa l'azienda «Aisico» di Calamani, leader in Europa per prove e certificazioni per le attrezzature stradali, decide di costruire un nuovo centro per i crash test in provincia di L'Aquila, chiudendo quello di Anagni che è stato il primo in Italia. L'investimento è di 3 milioni di euro, tutto autofinanziato.
All'inizio, Calamani viene accolto nella zona disagiata come un eroe che sfida la crisi economica. Presenta il suo piano imprenditoriale e finanziario che prevede l'assunzione di 30 persone, un significativo mercato indotto e grande visibilità. Gli assicurano che avrà tutte le autorizzazioni necessarie in 60 giorni, ben più che negli altri Paese europei, ma un tempo accettabile. Il centro di Anagni viene chiuso e Calamani parte con un investimento di un milione di euro, tra acquisto terreni, scavi, recinzioni, capannoni. Ma subito i tempi si allungano. La Conferenza dei servizi ci mette 75 giorni invece di 30 per dare l'ok.
«Dovevamo rispettare gli impegni presi con altre società - racconta l'imprenditore - e pochi giorni prima, visto che l'esito positivo era scontato, abbiamo cominciato a fare alcuni cordoli in calcestruzzo sottoterra per essere pronti a partire con i lavori. A questo punto un tecnico comunale, solerte nei provvedimenti di blocco quanto lento nelle autorizzazioni, con un'ordinanza ha sospeso il cantiere. Abbiamo fatto immediatamente la sanatoria, ma non si sa come e quando verrà accettata.
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