I derivati infettano le giunte rosse

Dalla Toscana a Parma, le amministrazioni Pd (ma non solo) tremano. Bankitalia: a rischio 6 miliardi

 L'ex direttore generale di Mps Antonio Vigni, ascoltato ieri per otto ore dai pm
L'ex direttore generale di Mps Antonio Vigni, ascoltato ieri per otto ore dai pm

Il Monte dei Paschi e i suoi derivati, più o meno tossici. Il partito (Pd) e i suoi derivati, le amministrazioni locali. Le due linee si incrociano spesso, specie in Toscana, dove l'intreccio tra il «Monte», il partito e le istituzioni (Comuni, Università, Regione, Asl) è quasi inestricabile. Le giunte si appoggiano alla banca, da cui acquistano i prodotti finanziari. Derivati compresi, una bomba conficcata dentro i bilanci delle amministrazioni locali italiane (la Corte dei conti: «Gli enti annullino i contratti troppo onerosi»), che hanno fatto abbondante ricorso ai derivati per «ristrutturare» (cioè coprire) i debiti. Bankitalia calcola che ci siano più di 200 amministrazioni con derivati attivi, per un valore di 11 miliardi e 6 miliardi di perdita potenziale. Una danza sul baratro. Nelle regioni Pd non è strano trovare contratti proprio col «Monte». La Regione Toscana, guidata dal bersaniano doc Enrico Rossi, ha in pancia 35 milioni di euro di swap Monte dei Paschi, con una scadenza bella lunga, al 2035. Uno dei 22 contratti di derivati stipulati dalla Regione Toscana (da 30 anni saldamente in mano a Pci-Ds-Pd) dal 1999 al 2006, per coprire circa un terzo del miliardo e passa di debito della Regione. «Per alcuni derivati è stata intrapresa una procedura di annullamento in autotutela. Non è il caso dell' Mps che è invece servito - ha risposto il governatore ad una interrogazione urgente dell'opposizione in Consiglio regionale - per trasformare un vecchio mutuo da tasso variabile a tasso fisso, pagando oggi il 4,3 per cento, un tasso certo non fuori mercato». Nessun rischio, così almeno assicura il presidente toscano.

Ma quanti altre decine di milioni di derivati Mps dormono nelle casse di Comuni e Province, magari amministrate dal Pd, partito vicino al Monte? Matteo Renzi, al Comune di Firenze, appena arrivato si ritrovato con 270 milioni di euro di contratti interest rate swap e cross currency swap stipulati dal suo predecessore, il diessino Leonardo Domenici (ora europarlamentare Pd), però con istituti diversi da Mps (Dexia, Merrill Lynch e Ubs). Uno scherzetto che è costato al comune di Firenze 55 milioni di euro (ma Renzi è in causa con le banche per chiudere i contratti). Sempre in Toscana, qualche anno fa la giunta Pd di Massa stava per sottoscrivere un'operazione di «finanza derivata» su 88 milioni debito, ma fu fermata dagli strepiti dell'opposizione. Una Provincia a trazione Pd che invece ha comprato derivati Mps è Parma, guidata dal presidente Vincenzo Bernazzoli. Il centrodestra ha attaccato il presidente piddino per aver sottoscritto nel 2007 un contratto decennale con Mps per un derivato, che avrebbe causato già 2,5 milioni di euro di buco, 500mila euro all'anno per cinque anni. «La cifra, che ammonta per la precisione a 464 mila euro all'anno - ha replicato Bernazzoli - altro non è che il pagamento del tasso concordato con Mps, risorse previste nel bilancio dell'ente e programmate nei 10 anni». Il Pd ha contrattaccato sul Comune di Parma, non targato Pd, che negli anni scorsi ha sottoscritto derivati Mps a copertura di 13 milioni di debiti, con una perdita stimata per il 2013 di quasi 1 milione di euro. «Questi strumenti non sono stati cancellati, ma anzi confermati, dall'attuale giunta grillina!» attacca il Pd a Parma.

«Di che natura e provenienza sono i derivati presenti da diversi anni nel bilancio del Comune di Forlì? E, se vi sono stati, quali rapporti ha avuto l'amministrazione comunale con gli istituti bancari interessati nelle recenti vicende di cronaca (Mps, ndr)?» interroga il centrodestra alla giunta di Forlì, a guida Pd. «Derivati “tossici” Mps? I nostri titoli sono normali prodotti finanziari, contratti con un intento non speculativo» assicura l'assessore al Bilancio del Comune di Modena, ancora Pd.

Da altri Comuni più piccoli non arrivano invece rassicurazioni. A Nereto, in Abruzzo, la vecchia amministrazione Pd ha sottoscritto contratti swap che hanno comportato 330mila euro di rinegoziazione (per liberarsene).

Una cifra che sul bilancio di un piccolo ente pesa. Niente in confronto al dissesto del Comune di Siena (commissariato), i cui bilanci sono al setaccio degli ispettori del Tesoro. Chissà se anche il Comune di Siena ha derivati del Monte dei Paschi di Siena.

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