Altro che perdono. Ventitrè anni non sono bastati per pacificare gli animi, per ventitrè anni l'odio ha scavato ancora di più la distanza che separava la Circe della Versilia dai figli. E loro adesso la maledicono, attraverso una lettera inviata al quotidiano Il Tirreno, con parole definitive che sigillano per sempre ogni spiraglio. «Si è risposata - afferma Tamara Iacopi che parla anche a nome del fratello Diego - ma non è servito a nulla. Neanche la vita matrimoniale e quella del carcere sono servite a rabbonire il suo animo cattivo e malvagio». Non basta, perché Tamara si lascia andare a frasi sconvolgenti: «Di recente, durante una chiacchierata con una assistente sociale che chiamava al telefono dal carcere di Opera per passarmi mia madre nonostante le avessi intimato di non cercarmi più, dissi che oltre a lasciarmi in pace, volevo essere avvisato solo quando lei era in punto di morte per darle una sepoltura a fianco di mio padre». Quel padre, Luciano Iacopi, che la Circe, al secolo Maria Luigia Redoli, uccise con la complicità dell'amante Carlo Cappelletti nella note fra il 16 e il 17 luglio 1989: un delitto per cui venne condannata all'ergastolo. «Considerato quello che è accaduto - riprende implacabile la ragazza - non intendiamo neanche darle un'adeguata sepoltura: per noi è già morta e sepolta».
Si fa davvero fatica ad immaginare che questa invettiva sia stata pensata da due giovani la cui mamma è in carcere da quasi un quarto di secolo, ma il dato è ancora più impressionante se si pensa che l'occasione per questa riflessione amarissima è stata la convocazione di Tamara e Diego da parte della polizia. Gli agenti volevano conoscere, come è consuetudine in questi casi, il loro parere sulla richiesta di grazia avanzata dalla signora che ormai ha raggiunto l'età di 72 anni. Dunque, se la volontà dei figli sarà rispettata, Maria Luigia Redoli resterà nel carcere di Opera. Con la consolazione di un regime soft e le giornate scandite dal lavoro in una comunità di recupero.
Nulla di più. Dall'esterno si poteva ipotizzare una qualche forma di solidarietà fra i figli e la madre che erano usciti insieme, in compagnia anche dell'amante di lei, quella sera del 16 luglio di ventitrè anni fa, erano stati a ballare alla Bussola di Focette ed erano ritornati a casa, a Forte dei Marmi, in piena notte. In un orario compatibile con la morte dell'imprenditore, massacrato con 17 coltellate. Si poteva pensare che i rapporti fossero stati ricomposti dopo tutte le difficilissime prove di questi anni: i sospetti iniziali degli inquirenti un po' in tutte le direzioni; poi l'arresto, clamoroso, della Redoli e di Cappelletti, il carabiniere che aveva la metà dei suoi anni. E ancora l'assoluzione, al termine di un processo controverso in Corte d'assise e la condanna, con una sentenza ribaltata, in appello e poi in Cassazione. Si poteva pensare che il tempo avesse ripristinato le linee di una trama familiare. Ma così non è stato. Il tempo ha reso immortale l'odio. «Non ha fatto altro - fa sapere Tamara - che rovinarci gli anni più belli della nostra vita. Adesso che abbiamo trovato il nostro equilibrio mentale e fisico, visto che anche noi abbiamo bisogno di dimenticare... puntualmente arriva come un martello pneumatico a destabilizzare quello che noi stiamo costruendo».
L'ultimo colpo di scena poche settimane fa: in un libro intervista, scritto da Mario Spezi, storico cronista del Mostro di Firenze e di tante altre storie di nera, la Circe cambia la geografia di un episodio a suo modo importantissimo: rivela che non fu lei, come aveva sempre detto, ad aver telefonato al cartomante viareggino Marco Porticati, pagato per assoldare dei killer che non entrarono mai in azione, nel tentativo di recuperare quei soldi. «Perchè loro, (i killer, n.d.r.) non c'entrano», si sente in quella conversazione, considerata una prova schiacciante. «Quella telefonata - spiega ora a Spezi - non l'ho mai fatta. Quella era la voce di Tamara. Ho avuto tanto tempo per pensarci e ora sono certa che le cose andarono così: lei, mia figlia, e quell'altro (l'amante Carlo Cappelletti, n.d.
r.) se la intendevano». Accuse pesantissime, poi smentite dalla Circe, dopo la pubblicazione del libro, ma riconfermate da Spezi. Per Tamara e Diego è troppo. L'atto di morte della pietà e una separazione per l'eternità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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