I finti orfani di De Gasperi che scroccano la sua eredità

Anche stavolta siamo a posto: evasa in modo esemplare la pratica De Gasperi. I grandi morti della storia repubblicana hanno questo privilegio, o questa seccatura postuma: il loro eterno riposo viene puntualmente interrotto una volta all'anno, anniversario della morte. Per De Gasperi (nel tondo), che di questa amata Repubblica è padre, zio e nonno, nessuno si risparmia. Né in rievocazioni, né in nostalgie, né in superlativi. Né tanto meno nel metterci il faccione.
Complice la disgraziata congiuntura politica, questa volta il tema di sempre - l'eredità di De Gasperi: dannazione, chi può raccogliere l'eredità di De Gasperi - registra un surplus di lacrime e passioni. Lungo l'Autosole, segnalato in risalita da Roma verso Trento, località Pieve Tesino, paese di nascita e luogo di commemorazione, un esodo di vedove e di orfani del compianto statista. Facilitato dalla coincidenza festiva del 19 agosto 2012, un sacco di gente investe il suo week-end per partecipare alla caccia grossa della famosa eredità.
L'altra sera il turno di Fini, che nemmeno in questo caso prova il minimo imbarazzo nel liquidare tre quarti della sua esistenza politica antidemocratica e antidemocristiana per spiegare a tutti, anche a quelli già al corrente da almeno cinquant'anni, quanto sia importante «raccogliere l'eredità del grande De Gasperi». Sul suo gesto cade subito il sincero apprezzamento del sindaco-rottamatore Matteo Renzi: «Fini? Come erede di De Gasperi è più credibile il mago Otelma».
Un rito d'estate. Per undici mesi e ventinove giorni De Gasperi può dedicarsi tranquillamente alle sue impalpabili occupazioni, là dove nessuno si sogna mai di scomodarlo. L'eredità è una faccenda tipica di Ferragosto, come la sagra della tinca e come la fagiolata al campo sportivo. Grande afflusso, gente in coda, clamori e schiamazzi, quindi si smontano i tendoni e si portano via le sedie. La giornata, però, è una gran giornata. Arrivano da tutte le parti, si fanno vivi da tutte le parti, in gara per trovare le parole più toccanti. Benvenuti al palio dell'eredità. In sinergia centrista con Fini, è Casini uno dei più interessati (interessanti, mai), anche perché parlando del mitico Alcide si considera discendente diretto nell'asse ereditario, benché l'avo fosse un decisionista chiaro e netto, a costo di pagarla cara, mentre di Pier ancora si aspetta la prima decisione. Accorato comunque l'appello, per la verità non proprio originalissimo: «Bisogna tornare a raccogliere tutti assieme l'eredità di De Gasperi». Tutti assieme chi? Tutti gli amici di un certo mondo, tutti accomunati attorno all'antico sogno, ora nuovo progetto: via, usano un sacco di eufemismi, rimettere in pista la Balena bianca, costruire la casa dei moderati cattolici, fare la Cosa Bianca, ma sappiamo bene quale sia in parole povere il vero obiettivo, e come no, ritrovarsi tutti nell'indimenticabile casa avita, la dolce Dc. Al convegno ufficiale di Pieve Tesino si assaggiano prove tecniche di riedizione. C'è il segretario delle Acli, Andrea Olivero, c'è il leader Cisl, Raffaele Bonanni, c'è il ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, così cordialmente commentato dal senatore Totaro: «Riccardi sta a De Gasperi come Er Piotta sta a Pavarotti». E pazienza, sono rivalità. Il dibattito si rivela comunque lungo e articolato. Tutti sono d'accordo su un punto, fondamentale: sì, c'è poco da fare, «bisogna raccogliere l'eredità di De Gasperi».
La verità è che stare dietro a tutti, in occasioni come questa, diventa un lavoro infernale. I nuovi De Gasperi, gli eredi di De Gasperi, i cloni di De Gasperi, i devoti di De Gasperi sbucano ovunque e non c'è verso di tenere il conto. Vuoi che Cesa, da Roma, non mandi due righe all'agenzia per esortare «l'Italia e l'Europa a mettere in pratica la lezione di De Gasperi», in altre parole a raccogliere l'eredità di De Gasperi? C'è persino il presidente della provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi, che avverte così la nazione: «L'intelligenza, il decoro morale, la saldezza spirituale, la profondità del credente, la fiducia nell'invincibilità del sentirsi liberi e del testimoniare la libertà ovunque: a queste caratteristiche bisogna rifarsi per vedere sorgere ancora una volta, ai giorni nostri, la purezza della figura di De Gasperi». Io registro, che altro posso fare.
Su tutti, però, giganteggia il glorioso Ciriaco De Mita, come noto tra i più assidui gestori della leggendaria eredità. In una sintetica lettera di mezza pagina al Corriere, l'anziano leader Dc esalta la scelta atlantica, l'europeismo, il riformismo doc del grande compianto, concludendo con queste parole precise: «L'opera degasperiana non sarebbe stata possibile se lui non avesse esercitato il potere, oltre che con coraggio e carattere, con assoluta moralità, disinteresse e senso del limite (proprio come la Dc, ndr). È questa l'eredità che occorre far propria».


Mi sembra evidente, dopo una giornata simile: c'è mezza Italia, più o meno autorevole, più o meno autorizzata, che si dice pronta a raccogliere l'eredità di De Gasperi. Su questo non ci sono dubbi. Lo rievocano, lo rimpiangono, lo studiano, lo citano. Il dubbio che resta sempre è se lo capiscano.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica