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I finti tagli Ue: guai a toccare gli sprechi e la burocrazia

Il Parlamento europeo non vuole saperne di dare l'esempio: il suo funzionamento nel 2014 costerà l'1,7 per cento in più, circa 30 milioni di euro aggiuntivi

I finti tagli Ue: guai a toccare gli sprechi e la burocrazia

L'accordo è giunto nella notte, come nelle migliori tradizioni europee. Sedici ore di trattative tra Commissione e Consiglio per il bilancio 2014, fa sapere Bruxelles per dimostrare lo stakanovismo dell'Ue, per un confronto che durava da mesi. Il dato complessivo parla di un taglio medio attorno al 6 per cento: risparmio minimo per i conti comunitari, ma pur sempre un risparmio. Quasi tutte le voci sono state intaccate.

Ci sono però anche aumenti di spesa. E riguardano quasi tutti la burocrazia, cioè l'amministrazione dell'europachiderma. Crescono in particolare gli stanziamenti per le pensioni (+7,2 per cento) e per gli stipendi, nonostante il proposito di ridurre del 5 per cento il personale entro il 2017. Ma quest'anno gli sforzi per comprimere l'organico sono stati vanificati dall'ingresso della Croazia nella Ue. Anche Zagabria ha diritto alla sua quota di dipendenti. Perciò, risparmi addio.
Le veline dei poteri europei sottolineano il rigore nei conti di un budget che resta stratosferico (142,6 miliardi di euro). Sono un po' meno solerti a informare del rischio di shutdown, come negli Stati Uniti: senza l'accordo dell'altra notte l'Ue non avrebbe più potuto saldare i propri debiti né coprire i conti in sospeso. Vorticano le cifre: impennata dei fondi strutturali, soldi per i trasporti, sostegno alla crescita e al lavoro giovanile.
Tutto bello finché non si controllano i numeri. Perché anche questi stanziamenti per l'economia hanno subito pesanti sforbiciate. E sono voci di bilancio che andrebbero sostenute, a scapito di quelle per alimentare le indistruttibili burocrazie di Bruxelles, pensioni, consulenze, personale parassitario. Tutto si taglia, fuorché l'eurocasta.

Così, il capitolo con i fondi per la «crescita intelligente e inclusiva» perde quasi il 10 per cento rispetto al 2013; i fondi per la coesione economica, destinati a favorire lo sviluppo delle regioni meno favorite e l'occupazione giovanile, crollano del 13,5 per cento. Ritoccati al ribasso anche i soldi destinati a crescita sostenibile e risorse naturali, che comprendono la politica agricola: -0,9 per cento. Perde addirittura il 20,9 per cento il già asfittico programma Cosme per la competitività delle imprese.
L'austerità (-12,5 per cento) non risparmia i cosiddetti fondi per l'Europa globale, cioè per la politica estera che comprende le missioni militari di pace. Anch'esse vengono falcidiate: -20 per cento per la presenza in Kosovo, -33 per l'Afghanistan. In compenso l'Unione europea distribuisce quattrini ai Paesi non ancora membri, e chissà se lo diventeranno mai. Sotto la voce «strumento di assistenza pre-adesione» ottengono oltre 500 milioni di euro Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Serbia, Macedonia e Albania; altri 650 milioni prendono la strada della Turchia mentre l'Islanda si deve accontentare di una dozzina.
L'assistenza finanziaria alla Palestina e all'Agenzia Onu che ne assiste i profughi assorbe 250 milioni di euro destinati ad aumentare ogni anno fino a 330 milioni nel 2020. A Lampedusa e ai rifugiati siriani sono destinati in tutto 785 milioni. C'è parecchio denaro anche per la Germania colpita dalle alluvioni, 360 milioni di euro. Agli altri restano le briciole: Austria 22 milioni, Repubblica Ceca 16, Romania 2,5. La scure si abbatte invece sui Fondi per asilo e migrazione e per la sicurezza interna, entrambi -17 per cento.

Quello che sopravvive a ogni colpo di mannaia sono i costi della burocrazia. Le spese amministrative globali (circa 8,5 miliardi di euro) crescono del 2,1 per cento nonostante propositi e promesse di sobrietà che si sprecano alla vigilia delle elezioni di primavera. Il Parlamento europeo non vuole saperne di dare l'esempio: il suo funzionamento nel 2014 costerà l'1,7 per cento in più, circa 30 milioni di euro aggiuntivi. Ma il grosso dell'aumento è dovuto alla spesa pensionistica, che s'innalza del 7,2 per cento, e con il suo miliardo e mezzo di euro si aggiunge ai 3,3 miliardi necessari per fare funzionare la Commissione (che stipendia circa 33mila persone) e agli 1,8 miliardi del Parlamento che può contare su 6.700 dipendenti. Quattordici per ciascun eurodeputato, per i quali ogni anno scatta un aumento dell'1,7 per cento in busta paga.

Con tanti saluti all'austerità.

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