I gatti si affezionano davvero ma i cani ci capiscono di più

Il linguaggio canino si avvicina a quello dell'uomo. Con i mici è difficile "comunicare", ma si riscontrano reali affinità con le nostre personalità

I gatti si affezionano davvero ma i cani ci capiscono di più

Il mondo si divide in due: chi ama i cani e chi ama i gatti. Naturalmente, come capita per molti «adagi» si tratta di una semplificazione non corrispondente alla realtà, ma non ci va poi così lontana. Pete Etchells, uno psicobiologo inglese che insegna alla Bath University, ha scritto sul Guardian un articolo intitolato: «La nostra complicata relazione con il gatto», La settimana dopo Nathalia Gjersoe, un'altra psicologa, ha scritto sulla stessa rivista un altro articolo intitolato «La nostra poco complicata relazione con i cani». Una sorta di raffinato divertissement che i redattori della blasonata rivista inglese hanno voluto regalare ai lettori.

Tre anni fa, il dipartimento di Psicologia di Cambridge ha chiesto a tre studiosi di mettere a punto un questionario che identificasse se si fosse una persona/gatto o una persona/cane. All'indagine hanno partecipato 4500 tra uomini e donne e sia chiaro sia io ne sto solo riportando le conclusioni, senza partigianeria di sorta verso il fatto che io sia un uomo/gatto. Allora, la conclusione riguarda i tratti di personalità delle persone studiate. I «gattofili» tendono a subire maggiormente lo stress e sono più aperti verso le esperienze di vita, ma, rispetto ai «cinofili», mostrano minore autodisciplina, minore senso di cooperazione e minore capacità di farsi valere. E ora tenetevi forte: chi è «gatto» è una volta e mezzo più istruito di chi è «cane» (scrivetemi e vi mando gli estremi della ricerca). E per quanto concerne il gatto in sé? Un vecchio aforisma di Bly recita: «Il cane viene subito quando lo chiami, il gatto afferra il messaggio e torna più tardi». È l'antico stereotipo che vuole il gatto distaccato e non particolarmente interessato al contatto con l'uomo. Niente di tutto ciò invece. Uno studio approfondito condotto nel 2007 sul comportamento dei gatti ha stabilito che essi rispondono alla cosiddetta «teoria dell'attaccamento», quella che si verifica tra il bambino e i suoi genitori e che va oltre la pura soddisfazione dei principi basilari della vita come l'alimentazione. L'attaccamento avviene tra due persone, in questo caso bambino e genitore, tra i quali si stabilisce un po' la relazione che intercorre tra la badante (quella seria) e il suo assistito. Similmente al bambino o all'anziano, se guardiamo il gatto in compagnia dei proprietari, lo vedremo rilassato, esplorare il proprio ambiente e giocarci all'interno. Se mettiamo il gatto con una persona estranea, miagolerà di meno e passerà tutto il tempo nascosto o vicino a una porta. Quindi, i gatti non sono così distaccati verso i loro padroni, come forse pensavamo prima.

E veniamo ai cani. Un vecchio studio ha dimostrato che neanche i primati superiori (scimpanzé e bonobo) riescono a intuire dove è nascosta la caramella, celata sotto una tazza, che io sto indicando e guardando, cosa che invece fa un bambino di un anno. Ebbene, il cane la va a scovare senza difficoltà anche se non ha alcun profumo. Non solo, anche dalla lunga distanza, basta un cenno del capo e il cane prenderà la caramella. Di più ancora: se io indico la caramella nascosta e cammino con la testa voltata da un'altra parte, lui andrà a prendersi la caramella.

Altri test dimostrano inequivocabilmente che il cane riesce interpretare quanto pensiamo, cosa che è negata persino alle scimmie non antropomorfe e che richiede mesi di apprendimento per i bambini.
Un unico test accomuna decisamente almeno un comportamento di cani e gatti: loro ci amano.

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