Politica

I giudici scavalcano i pm: sette anni a Berlusconi

Caso Ruby, per l'ex premier interdizione perpetua dai pubblici uffici. Condanna inasprita di un anno rispetto alle richieste: è la più dura mai emessa contro il Cav

Silvio Berlusconi in Aula per il Rubygate
Silvio Berlusconi in Aula per il Rubygate

Milano - Finisce come nemmeno Silvio Berlusconi aveva immaginato nelle sue peggiori previsioni: con la Procura della Repubblica scavalcata dai giudici, che rifilano al Cavaliere una condanna ancora più severa di quella che Ilda Boccassini aveva chiesto nella sua requisitoria. Il processo Ruby arriva a sentenza ieri pomeriggio, dopo due anni e due mesi di udienze, di testimoni traballanti, di scontri al calor bianco tra accusa e difesa. Il tribunale presieduto da Giulia Turri stabilisce che Silvio Berlusconi è colpevole, aldilà di ogni ragionevole dubbio, di tutti i reati che gli erano stati contestati scavando sulle sue debolezze private, sulla sua presunta incontenibile pulsione al libertinaggio. E sul Cavaliere piomba la condanna più pesante mai emessa contro di lui nella sua ormai lunga carriera da imputato. Sette anni di carcere, uno in più di quanto avesse chiesto la pubblica accusa. E interdizione perpetua dai pubblici uffici. Se la condanna diventasse definitiva, sarebbe la fine della carriera politica dell'ex presidente del Consiglio.
Berlusconi, dicono i giudici, è colpevole. Colpevole di avere avuto rapporti sessuali con Kharima el Mahroug, all'epoca in cui la ragazzina divenuta celebre col nome di Ruby Rubacuori, era ancora minorenne: per questo viene condannato per utilizzo della prostituzione minorile. I giudici hanno ritenuto pienamente dimostrato anche uno degli elementi più incerti del processo, e cioè che Berlusconi sapesse che Ruby aveva appena diciassette anni. E Berlusconi è colpevole anche e soprattutto del reato di concussione commesso la notte del 27 maggio 2010, quando - dalla Francia, dove era in visita di Stato - telefonò alla questura di Milano dove Ruby era stata portata dopo un fermo per furto. Da qui nasce l'aumento di un anno della condanna: per i giudici non siamo davanti a una semplice induzione, non alla blanda pressione per convincere i poliziotti a chiudere un occhio, ma ad una classica concussione per costrizione. Per i giudici, qui si saldano le colpe del Berlusconi privato e del Berlusconi pubblico: perché Berlusconi usò il potere che veniva dalla sua carica per obbligare i funzionari della questura di Milano a violare la legge e lasciare andare la ragazza. Per il tribunale, come per la Procura, un reato fu la causa dell'altro: quella notte Ruby doveva essere liberata a tutti i costi, perché se avesse parlato avrebbe rivelato il lato oscuro delle feste di Villa San Martino. Quel lato oscuro di cui una lunga serie di ospiti delle feste hanno negato l'esistenza, parlando di «feste» normalissime: tutti testimoni falsi, dice ieri il tribunale, che trasmette gli atti alla Procura perché li incrimini per falso.
Il tribunale si è preso tre mesi per scrivere le motivazioni di una sentenza. Non sarà un lavoro facile, perché per resistere in appello e in Cassazione la sentenza dovrà affrontare di petto e demolire gli ostacoli di fatto e di diritto che fino all'ultimo hanno lasciate aperte le speranze per i difensori di Berlusconi. In pubblico, e anche nei loro interventi in aula, sia l'imputato che i suoi avvocati avevano mostrato grande pessimismo sull'equanimità dei giudici e sul destino del processo. Ma, dietro le quinte, avevano continuato a ritenere che almeno il dettaglio dell'età di Ruby, di cui tutti i testi hanno raccontato che dimostrava e vantava venti o ventiquattro anni - impedisse la condanna almeno per il reato di utilizzo della prostituzione. «Emilio Fede lo sapeva e non poteva non averlo detto a Berlusconi», aveva sostenuto la Procura. E sulla fragilità di questa prova logica si appoggiavano le speranze della difesa di riuscire almeno a limitare i danni.
Invece, alle 17,20 di ieri, appena Giulia Turri - forse un po' emozionata - inizia a leggere la sentenza, diventa chiaro a tutti che per Berlusconi la catastrofe si è compiuta. L'indagine che lo ha investito e travolto quando era a Palazzo Chigi, facendo del bunga bunga una barzelletta planetaria, esce consacrata dal giudizio del tribunale. Ci saranno altri gradi di processo.

Ma la primavera di fuoco del Cavaliere si conclude nel peggiore dei modi.

Commenti