«Non è ancora possibile escludere la possibilità che l'Italia possa chiedere aiuti alla Bce in futuro». Questa volta, l'entrata a gamba tesa di Moody's è andata a vuoto. Classificata dai mercati come una specie di intervento da terzinaccio di periferia, maldestro e fuori tempo. Ignorata come quando il meteorologo ti consiglia l'ombrello e fuori splende il sole. Basta dare un'occhiata allo score finale di ieri della Borsa (molto bene Mediaset, +4,6%, e Mps, +6%), un robusto +2,20%, alla discesa dello spread Btp-Bund attorno a quota 270 e alla caduta dei rendimenti sotto al 4% (minimo dal 2010) all'asta dei Btp per sei miliardi di euro, per rendersi conto che il neonato governo Letta ha subito ottenuto un'ampia apertura di credito da parte degli investitori. Anche se più tardi, nel confermare il rating tricolore a BBB+, Standard&Poor's ha sottolineato che «non è chiaro se la nuova coalizione di governo sarà in grado di attuare riforme pro crescita»; il rischio è che «l'economia italiana non possa riprendersi nella seconda parte del 2013, ma continui a contrarsi».
Del resto, cambiali in bianco non ne firma nessuno. Inoltre, se il pendolo oscilla dalla parte dell'ottimismo è anche per effetto dell'enorme liquidità messa in circolazione dalle banche centrali, la stessa che ha spinto ieri a Wall Street l'S&P 500 a segnare un nuovo record. I mercati sono alla ricerca di opportunità di guadagno. E qui l'Italia ha qualche carta da giocare. A patto che alle riforme strutturali si associno misure per lo sviluppo. La nomina al ministero dell'Economia di Fabrizio Saccomanni, tanto vicino al presidente della Bce, Mario Draghi, quanto sensibile alle esigenze della crescita, pare andare proprio in questa direzione.
È però ovvio che la partita si gioca soprattutto sui tavoli internazionali. Oggi Letta incontrerà Angela Merkel, sempre più calata nel ruolo di custode dell'austerity ora che si va allargando il fronte di chi chiede di allentare la morsa imposta dal risanamento. Ma la divaricazione tra un mondo finanziario esuberante (in bolla, ammonisce qualcuno) e un'economia reale depressa è talmente profonda che giovedì la Bce potrebbe tagliare i tassi, fermi allo 0,75% dal luglio scorso. Una mossa che, in linea teorica, potrebbe ridare ossigeno all'economia, sempre che le banche ricomincino a prestare soldi a imprese e famiglie. La riduzione del costo del denaro avrebbe un effetto calmierante sullo spread. Per effetto del nuovo governo, qualche analista azzarda una discesa sotto i 200 punti del differenziale Btp-Bund.
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