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I misteri di Stamina: tutto comincia a Brescia

Porte subito aperte al metodo e soldi in nero a Vannoni. Ma lui nega tutto

I misteri di Stamina: tutto comincia a Brescia

Malati non registrati ma curati in ospedale; infusione di un preparato «ignoto»; pagamenti in nero per trattamenti ottenuti attraverso il servizio sanitario nazionale. Accuse rivolte a Davide Vannoni e Marino Andolina. Accuse pesantissime soprattutto perché coinvolgono una struttura sanitaria pubblica ma ancora tutte da provare e prontamente respinte dalla Stamina Foundation e, per la parte che li riguarda, anche dai vertici degli Ospedali civili di Brescia. L'azienda ospedaliera dove viene impiegata la terapia «esclude allo stato attuale delle conoscenze che possa essersi verificato l'ingresso in ospedale di pazienti al di fuori delle vigenti procedure di accettazione e dimissione». Ma una cosa è certa: il bandolo per iniziare a districare l'imbrogliata matassa della complessa vicenda Stamina si trova agli Ospedali civili di Brescia. È proprio qui infatti che una terapia non sperimentata ha trovato la porta aperta per iniziare ad essere somministrata in una struttura pubblica come cura compassionevole. Sembra però che non sia passata attraverso le procedure previste sempre in questi casi. Questa la verità che sta trapelando attraverso indiscrezioni dalle carte dell'inchiesta della Procura di Torino su Vannoni e Stamina. Una ricostruzione che evidenzierebbe il ruolo chiave avuto da un dirigente della Regione Lombardia poi diventato uno dei primi pazienti ad ottenere il trattamento Stamina. Tanto che ieri il capogruppo e un consigliere del Pd in consiglio regionale, Alessandro Alfieri e Gian Antonio Girelli, sono intervenuti chiedendo chiarimenti al vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani che si è detto subito disponibile ricordando che «Stamina sta praticando infusioni in un ospedale pubblico lombardo in ottemperanza delle leggi vigenti e dei provvedimenti giudiziari» aggiungendo pure che «ogni eventuale responsabilità di ordine penale è personale». E anche il presidente dell'Ordine dei Medici di Brescia, Ottavio di Stefano, ex membro del Comitato Etico che diede il via libera al trattamento nella struttura di Brescia, ricorda come l'Aifa, l'Agenzia nazionale del farmaco, in un primo momento respinse la richiesta all'uso della terapia come cura compassionevole ma di fronte ad una seconda richiesta concesse l'autorizzazione. Le terapie dunque iniziarono, specifica Di Stefano, «senza che io avessi il minimo sospetto su situazioni come quelle denunciate dalla stampa o interessi dietro la convenzione fra l'azienda e la Stamina Foundation».

L'autorizzazione ai laboratori fu poi revocata dall'Aifa nel maggio del 2012 dopo le ispezioni che evidenziarono rischi di contaminazione. E l'Aifa anche ieri ha ribadito che quell'ordinanza resta valida insieme al divieto di «effettuare prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane prodotte presso l'azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia». Quindi queste cellule non potranno essere analizzate né a Miami né altrove. Nulla impedisce però a Vannoni di eseguire la procedura in una struttura non pubblica a sua scelta e dunque di procedere ai test. Vannoni infatti annuncia che andrà all'estero per effettuare test ex novo. Allo stesso tempo però annuncia pure una diffida all'Aifa affinché renda disponibili i campioni cellulari di Brescia per i test.

Intanto i tre scienziati che più si sono impegnati a demolire dal punto di vista scientifico il metodo Stamina perché assolutamente inefficace e pericoloso sono stati premiati dalla Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali. Si tratta della senatrice a vita Elena Cattaneo e dei professori Paolo Bianco e Michele De Luca.

Bianco ringrazia la comunità scientifica internazionale «per il supporto dato agli scienziati italiani nella loro battaglia dalla parte dei malati, della scienza vera e del rigore».

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