I buoi sono già tutti scappati, quando il segretario del Pd Epifani tenta di chiudere le porte della stalla: «Attenti che a furia di tirare la corda si può spezzare», intima al Pdl. Il commento più fulminante arriva dal finto Gianni Cuperlo che impazza su Twitter: «Ha ragione Epifani, la corda può spezzarsi. Bisogna trovare metodi più efficaci per il suicidio del Pd». E il suicidio, ieri, sembrava molto vicino. A far implodere il Pd è bastato un banale «voto procedurale» (così era stato annunciato nel sms con cui i parlamentari democrat erano stati convocati in aula dal gruppo) che ha concesso al Pdl una sospensione di poche ore dei lavori parlamentari per consentirgli di riunirsi e discutere il da farsi di fronte all'impennata giudiziaria contro il Cavaliere.
Con i renziani (seguiti da molti altri, dalla Bindi a Civati al fioroniano Grassi ai prodiani) sul piede di guerra contro il «cedimento» a Berlusconi e contro «una scelta assurda, che il nostro popolo non capisce», come dice Luca Lotti. «Caro Epifani, così andiamo al traino di Berlusconi e continuiamo a rinviare i problemi», tuona Francesco Bonifazi. In aula scoppia il putiferio, con i grillini che assaltano i democrat al grido di «venduti, schiavi di Berlusconi» e si scontrano fisicamente con alcuni deputati infuriati, mentre la Boldrini perde il controllo e chiude la seduta. Solo i commessi fermano la rissa. Che però nel Pd continua.
E nel fronte anti-Renzi si affaccia sempre più prepotente una tentazione: visto che «così non si può reggere, con questo centrodestra non si può governare e prendere le decisioni che urgono per salvare una situazione economica sempre più grave», come diceva ieri Pierluigi Bersani ai suoi interlocutori, allora tanto vale che sia lo stesso Enrico Letta a porre l'aut aut: «O il Pdl depone le armi e sostiene disciplinatamente il governo lasciando Berlusconi al suo destino - ragiona un parlamentare vicino all'ex segretario - oppure è meglio andare subito al voto, dettando noi i tempi». Con Letta candidato premier e - se il sindaco di Firenze insistesse - sfidante di Renzi alle primarie. Lo scenario «Letta versus Renzi» ieri rimbalzava da un capo all'altro del Transatlantico: «Vedrete, si andrà al voto ad ottobre, il congresso del Pd sarà rinviato e il match per la premiership sarà tra Enrico e Matteo», assicura un franceschiniano. Giacomo Portas, leader dei Moderati piemontesi alleati del Pd e buon amico di Bersani, ne è convinto: «Sarà la prossima sfida, quella che ci porterà finalmente al governo: tra due giovani moderati, non ex Pci, riformisti e innovatori, capaci entrambi di prendere i voti del Pdl».
In casa renziana, un dirigente vicino al sindaco vede il pericolo: «Se Letta decide di giocarsela e di intestarsi la rottura di una maggioranza innaturale col Pdl, può andare proprio così. E per lo stato maggiore Pd sarebbe la salvezza: eviterebbero il congresso e avrebbero una carta forte per stoppare Renzi ed evitare di regalargli il partito, che è la loro più grande paura visto che non hanno alcun candidato alternativo per la segreteria». E visto che, spiega, lo smottamento dei gruppi parlamentari di ogni corrente Pd verso il sindaco di Firenze è ogni giorno più rapido: «La grande fuga verso Matteo sta diventando inarrestabile tra deputati e senatori, che lo vedono come unica salvezza».
Il sindaco di Firenze è scettico: «Enrico non lo farà, non cederà al pressing», assicura ai suoi, convinto che il patto generazionale con l'attuale premier reggerà.
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