I notabili Pd puntano su Letta per sbarrare la strada a Renzi

L'obiettivo: andare al voto a ottobre con il rinvio del congresso di partito. E l'attuale primo ministro avrebbe la via spianata anche per la segreteria

I notabili Pd puntano su Letta per sbarrare la strada a Renzi

I buoi sono già tutti scappati, quando il segretario del Pd Epifani tenta di chiudere le porte della stalla: «Attenti che a furia di tirare la corda si può spezzare», intima al Pdl. Il commento più fulminante arriva dal finto Gianni Cuperlo che impazza su Twitter: «Ha ragione Epifani, la corda può spezzarsi. Bisogna trovare metodi più efficaci per il suicidio del Pd». E il suicidio, ieri, sembrava molto vicino. A far implodere il Pd è bastato un banale «voto procedurale» (così era stato annunciato nel sms con cui i parlamentari democrat erano stati convocati in aula dal gruppo) che ha concesso al Pdl una sospensione di poche ore dei lavori parlamentari per consentirgli di riunirsi e discutere il da farsi di fronte all'impennata giudiziaria contro il Cavaliere.

Con i renziani (seguiti da molti altri, dalla Bindi a Civati al fioroniano Grassi ai prodiani) sul piede di guerra contro il «cedimento» a Berlusconi e contro «una scelta assurda, che il nostro popolo non capisce», come dice Luca Lotti. «Caro Epifani, così andiamo al traino di Berlusconi e continuiamo a rinviare i problemi», tuona Francesco Bonifazi. In aula scoppia il putiferio, con i grillini che assaltano i democrat al grido di «venduti, schiavi di Berlusconi» e si scontrano fisicamente con alcuni deputati infuriati, mentre la Boldrini perde il controllo e chiude la seduta. Solo i commessi fermano la rissa. Che però nel Pd continua.

E nel fronte anti-Renzi si affaccia sempre più prepotente una tentazione: visto che «così non si può reggere, con questo centrodestra non si può governare e prendere le decisioni che urgono per salvare una situazione economica sempre più grave», come diceva ieri Pierluigi Bersani ai suoi interlocutori, allora tanto vale che sia lo stesso Enrico Letta a porre l'aut aut: «O il Pdl depone le armi e sostiene disciplinatamente il governo lasciando Berlusconi al suo destino - ragiona un parlamentare vicino all'ex segretario - oppure è meglio andare subito al voto, dettando noi i tempi». Con Letta candidato premier e - se il sindaco di Firenze insistesse - sfidante di Renzi alle primarie. Lo scenario «Letta versus Renzi» ieri rimbalzava da un capo all'altro del Transatlantico: «Vedrete, si andrà al voto ad ottobre, il congresso del Pd sarà rinviato e il match per la premiership sarà tra Enrico e Matteo», assicura un franceschiniano. Giacomo Portas, leader dei Moderati piemontesi alleati del Pd e buon amico di Bersani, ne è convinto: «Sarà la prossima sfida, quella che ci porterà finalmente al governo: tra due giovani moderati, non ex Pci, riformisti e innovatori, capaci entrambi di prendere i voti del Pdl».

In casa renziana, un dirigente vicino al sindaco vede il pericolo: «Se Letta decide di giocarsela e di intestarsi la rottura di una maggioranza innaturale col Pdl, può andare proprio così. E per lo stato maggiore Pd sarebbe la salvezza: eviterebbero il congresso e avrebbero una carta forte per stoppare Renzi ed evitare di regalargli il partito, che è la loro più grande paura visto che non hanno alcun candidato alternativo per la segreteria». E visto che, spiega, lo smottamento dei gruppi parlamentari di ogni corrente Pd verso il sindaco di Firenze è ogni giorno più rapido: «La grande fuga verso Matteo sta diventando inarrestabile tra deputati e senatori, che lo vedono come unica salvezza».
Il sindaco di Firenze è scettico: «Enrico non lo farà, non cederà al pressing», assicura ai suoi, convinto che il patto generazionale con l'attuale premier reggerà.

«Se si vota in autunno, nessuno può fermare Matteo», assicura Lorenzo Guerini, renziano di punta che presidia la commissione Pd che deve decidere le regole congressuali. E la cui riunione di oggi, guarda caso, è stata rinviata da Epifani a causa della «grave situazione politica».

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