«Attentato per finalità terroristiche o eversione». Gli attivisti No Tav (almeno alcuni degli attivisti) paragonati per la prima volta alle Brigate rosse, per la pericolosità e la gravità dei reati, recentemente commessi durante le loro incursioni, non proprio amichevoli, per fermare la realizzazione della linea ad alta velocità in Val di Susa.
La clamorosa svolta nelle indagini, è la prima volta che viene loro contestato un simile capo di imputazione, si è accompagnata ad una serie di perquisizioni della Digos, cominciate nella notte e protrattesi per l'intera giornata di ieri nelle abitazioni una dozzina di attivisti a Torino e in Valle di Susa. Perquisizioni scaturite dopo gli episodi di violenza accaduti in val di Susa il 10 luglio scorso, quando i poliziotti erano stati presi d'assalto con pietre e bombe carta lanciate ad altezza uomo e 16 di loro erano rimasti feriti. Contestualmente alle perquisizioni sono stati notificati gli avvisi di garanzia per attività eversiva finalizzata al terrorismo, provvedimenti firmati dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, che fanno riferimento all'articolo 280 del Codice penale che prevede pene da sei a venti anni di reclusione. Tra l'altro i due magistrati, a cui il capo Gian Carlo Caselli ha affidato le inchieste riguardanti i reati commessi per l'Alta velocità, erano all'interno del cantiere in quella notte di violenza e si sono potuti rendere conto di persona di quanto accadeva: «Volevamo vedere con i nostri occhi che cosa succede la notte in Val Susa».
Determinante per far scattare i provvedimenti, anche la testimonianza del dirigente della Digos, Giuseppe Petronzi: «Quel venerdì notte è stata violenza allo stato puro». E i filmati confermano le sue parole: circa 250 No Tav, in maggioranza stranieri o arrivati da altre parti d'Italia, partiti da Venaus, si sono congiunti con altri 350 che si sono radunati a Giaglione. Alla fine la polizia aveva arrestato sei persone, tra cui Ennio Edoardo Donato, figlio del presidente del Tribunale di Asti, e i carabinieri altri due, uno dei quali minorenne. Tra i locali perquisiti ieri c'è anche «La credenza» di Bussoleno, storico locale del movimento No Tav. Tra gli indagati le figlie, Giulia e Martina, del consigliere di Bussoleno, Pier Luigi Casel.
Giusto per non lasciare molti dubbi sulla serietà delle intenzioni di certi attivisti giova ricordare che all'udienza per gli scontri del 3 luglio 2012, Paolo Maurizio Ferrari, già irriducibile delle Br, e Antonio Ginetti, un ex di Prima Linea, avevano letto un comunicato con cui disconoscevano l'autorità del tribunale ed erano stati espulsi dall'aula con Tobia Imperato, un altro nome noto dell'antagonismo torinese. E se sui siti No Tav da giorni si legge che «occorre rendere la valle ingovernabile» e il parlamentare Pd, Stefano Esposito, dopo le nuove tensioni, ha dovuto ammettere «che non si può più mettere a rischio l'incolumità e la vita di poliziotti, carabinieri, finanzieri e operai e che occorre fermare 50 delinquenti che cercano il morto» è anche vero che certi partiti e esponenti politici continuano a coprire gli attivisti. Ricordate la recente decisa presa di posizione di Nichi Vendola espressa in una lunga lettera di solidarietà ai No Tav?: «La mia posizione personale - si leggeva tra l'altro - è di contrarietà a quest'opera e soprattutto a questa modalità di intendere lo sviluppo e la crescita. Nel nostro programma la posizione di Sel è chiara». Ancora più sconcertante la posizione di Beppe Grillo, comparso in tribunale il 3 maggio di un anno fa sul banco degli imputati perché accusato assieme al capopopolo della Valle, Alberto Perino e ad altri 20 No Tav per la violazione dei sigilli alla baita Clarea del 2011: «Se la prendono con gli inermi. I No Tav sono persone perbene», ebbe a dichiarare con sicumera Grillo. L'episodio è quello del 5 dicembre 2010. Nei boschi della Val Clarea i No Tav avevano costruito una baita-presidio, proprio nell'area dove nel 2011 è sorto il cantiere del tunnel della Maddalena. Siccome mancava l'autorizzazione edilizia, i carabinieri avevano apposto i sigilli e il leader del M5S li aveva strappati. D'altra parte ancora ieri alcuni parlamentari a Cinque stelle tuonavano contro i pm: «È un errore, farà crescere la tensione in Val di Susa». Perino invece è intervenuto sul Blog di Grillo con una frase illuminante: «Gli eversori terroristi sono loro». I magistrati che hanno emesso i provvedimenti. E, ovviamente poliziotti e carabinieri.
Ma le stesse immagini non gli danno proprio ragione: nell'attacco notturno al cantiere di Chiomonte, prima che le forze dell'ordine uscissero e venissero prese di mira con petardi, razzi e bombe carta nel video si vede anche l'esplosione di alcuni fuochi d'artificio. E alla fine si legge: «...torneremo!».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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