Roma - La Lega ritorna all’attacco sulle frequenze. La nuova sortita avviene con un ordine del giorno al decreto liberalizzazioni presentato in aula alla Camera da Gianluca Pini, e accolto dal sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti. In base al testo il governo si impegna «ad annullare il bando di gara per l’assegnazione di diritto d’uso di frequenze e il beauty contest, procedendo a un’asta a titolo oneroso».
Con questo affondo il Carroccio riapre, una volta di più, la questione dell’assegnazione delle ultime frequenze rimaste libere sul digitale, tema ovviamente di primario interesse per Mediaset. L’azienda da tempo ricorda al mondo politico che «si fa confusione» e che «l’asta competitiva, in tutto il mondo, riguarda soltanto le frequenze per telecomunicazioni».
La questione, però, ha ormai assunto i contorni dell’ultima frontiera dell’antiberlusconismo e non è facile riportarla su un terreno di valutazione privo di asperità ideologiche. Quello della Lega, peraltro, è una sorta di replay di quanto già accaduto nello scorso dicembre con il decreto «salva Italia». In quella sede furono tre gli ordini del giorno presentati alla Camera da Pd, Idv e Lega, testi che vennero inseriti nel «pacchetto» di altri 150 recepiti dall’esecutivo.
Non ci sono, naturalmente, soltanto le frequenze a far discutere e ad aprire fronti dialettici. Nel giorno dell’approvazione del dl liberalizzazioni, la rabbia dei farmacisti resta forte. E Federfarma si spinge fino ad annunciare una serrata per il prossimo 29 marzo. Il casus belli sta in un parere interpretativo diramato dal ministero della Salute. «Tale parere contiene forzature che stravolgono la volontà del Parlamento» spiega Federfarma. «Se non tempestivamente rivista, l’interpretazione del ministero colpirà nel giro di pochissimi giorni più di un milione di cittadini, a cominciare da tutti coloro che risiedono nelle migliaia dei piccoli comuni i cui titolari di farmacia, se ultra 65enni, non potranno certamente permettersi di assumere e retribuire un farmacista direttore. Si tratta di farmacie a basso reddito, gestite dal solo titolare».
Sulla serrata dei farmacisti, però, arriva lo «stop» dell’Autorità di garanzia sugli scioperi. «Non è pervenuta alcuna proclamazione» dice il presidente Roberto Alesse. «Se proclamato per tale data, si porrebbe in violazione dell’obbligo legale del preavviso». Sullo sfondo si muovono le parafarmacie. Con una nota fanno sapere che «il 29 marzo le 4mila parafarmacie italiane si impegnano a sostituirsi alle farmacie per il tempo che queste rimarranno chiuse». Il braccio di ferro per la conquista di nuovi spazi di mercato è, dunque, iniziato.
Al di là dei tanti fronti ancora aperti, Mario Monti suggella la giornata con un comunicato serale in cui rivendica il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il governo «era preparato all’opposizione dei gruppi di interesse, titolari di rendite di posizione non più giustificabili. La preoccupazione non era di contenerne le opposizioni, ma di comporle all’interno di un quadro di soluzioni condivise».
«Il decreto aveva due obiettivi» continua il premier.
«Il primo: ristabilire condizioni favorevoli agli investimenti, attraverso l’eliminazione dei vincoli burocratici che ostacolano l’avvio e lo sviluppo delle attività d’impresa, l’apertura alla concorrenza nel settore trasporti e il rilancio del fronte infrastrutturale. Il secondo è il miglioramento delle condizioni economiche dei cittadini. Il testo conferma tutte le priorità del disegno originario: le imprese, le professioni, i cittadini».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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