Imprese costrette a indebitarsi per pagare le imposte da record

MilanoIl paradosso diventa realtà. L'assurdo si trasforma in una regola. Non è un'esercitazione drammaturgica, ma è la constatazione effettuata da Confartigianato circa lo stato in cui versano le piccole e medie imprese. Il fisco, infatti, costringe oltre la metà della categoria produttiva (58%) a indebitarsi per pagare le imposte.
Un sondaggio effettuato con il contributo di Ispo ha evidenziato che 615mila Pmi ricorrono a prestiti bancari per pagare le imposte o chiedono al fisco dilazioni di pagamento. Quarantamila imprenditori, invece, non potranno pagare le imposte per mancanza di liquidità. Per il 26% delle imprese, infine, l'accresciuto peso del fisco ha causato ritardi nel pagamento di alcune imposte.
Ovviamente, questa tendenza non si genera da sola. Ma, spiega il sondaggio, è stata causata dall'incremento della pressione fiscale. Il 74% delle imprese artigiane intervistate, pari a 1.067.214 aziende, ha registrato nel 2012 un aumento della pressione fiscale in media del 22,6 per cento. La media nazionale viene addirittura superata nei casi delle imprese con dipendenti (79%), in quelle localizzate nel Nord Ovest (83%) e nel Mezzogiorno (80%).
Ed ecco che, come nella Cantatrice calva di Ionesco, i protagonisti in scena (lo Stato e le imprese) si scambiano il ruolo. Lo Stato, per abbassare il proprio deficit causato dall'eccesso di spesa e non far salire il proprio rilevante indebitamento, aumenta le imposte. Queste ultime «spremono» un sistema produttivo che risente della crisi e che, per cercare di far fronte ai propri oneri, diventa anch'esso sempre più indebitato.
Non si tratta, però, di teatro dell'assurdo, ma di una politica economica che danneggia gli imprenditori. L'indagine di Confartigianato ha infatti rilevato che il 33% del campione è stato costretto a pagare in ritardo i propri fornitori e il 29% ha dovuto rinunciare agli investimenti in azienda. Altrettanto automaticamente la vessazione fiscale si trasforma in una perdita di occupazione: il 16% delle imprese ha rinunciato ad assumere personale e il 14% ha dovuto licenziare i dipendenti o ricorrere agli ammortizzatori sociali.
«Nel 2012 le entrate fiscali sono cresciute di 24,8 miliardi, al ritmo di 47.238 euro al minuto, e hanno raggiunto il livello del 44,7% del Pil, con un aumento di 2,2 punti in un solo anno», ha sottolineato il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti ricordando che «tra il 2005 e il 2013 l'incremento delle entrate fiscali “assorbirà” il 97,3% dell'incremento del Pil».
Il risultato finale, tuttavia, non può non preoccupare. Il ricorso all'indebitamento bancario evidenzia, in primo luogo, una carenza di liquidità da parte del sistema produttivo. E non potrebbe essere altrimenti. La produzione industriale, ha reso noto l'Istat, quest'anno ha subito una contrazione del 6,5% rispetto al 2011 e gli ordini si sono contratti del 10,4 per cento. La crisi ha determinato un calo del fatturato per molte aziende.

Se a questo si aggiunge che i tempi di pagamento, soprattutto della pubblica amministrazione, sono molto spesso lunghissimi, la banca diventa l'ultima speranza per l'imprenditore che non voglia alzare bandiera banca. Speranza che rischia di restare delusa: gli istituti di credito - causa recessione - nei primi 10 mesi hanno tagliato di 25 miliardi i prestiti alle imprese.

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