Inchiesta Penati, spuntano i dalemiani

Ci sono anche Intini e De Santis, già nel mirino dei pm pugliesi, tra i 6 nuovi indagati per i fondi neri all’esponente Pd

Inchiesta Penati,  spuntano i dalemiani

È la saldatura tra i due emi­sferi de­l sistema democratico al fi­nanziamento

illecito: l’universo di Sesto San Giovanni, del vecchio capoluogo operaio in crisi di iden­tità (protagonista eponimo il plu­rindagato Filippo Penati) e il mag­ma di affari e politica che in Puglia ruota intorno alla sanità pubblica e all’ex leader Massimo D’Alema. Sono due microcosmi affini ma ap­parentemente distanti. Ora inve­ce si scopre che anche il compa­gno Penati si abbeverava agli stes­si elemosinieri che compaiono nelle carte dell’inchiesta pugliese, gli amici di politica e di barca a vela di D’Alema. Nell’inchiesta della Procura di Monza sul «sistema Pe­nati » entra un ospite fisso delle cro­nache sull’inchiesta pugliese: En­rico Intini, già sotto accusa a Bari per turbativa d’asta, e quel Rober­to De Santis che cedette a «Baffi­no » la proprietà di una barca a ve­la.

Insieme ai due D’Alema-boys, nell’inchiesta entrano altri quat­tro personaggi, anch’essi accusati di avere foraggiato Penati sotto­banco. Due sono banchieri: e tra questi c’è il nome di maggior spic­co, finanziariamente parlando,en­trato finora nell’inchiesta sulle tan­genti rosse. È Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, accusato- come tutti gli altri indagati- di avere finanziato il­legalmente Filippo Penati attra­verso generosi oboli alla sua fonda­zione di riferimento: Fare Metro­poli. Il finanziamento contestato a Ponzellini è abbastanza esiguo: 5mila euro, una goccia del mallop­po di circa 400mila euro che Pena­ti avrebbe incassato complessiva­mente dai suoi sostenitori occulti, e certamente una frazione micro­bica dei bilanci di Bpm. Poco più generoso, 10mila euro, è il contri­buto di Enrico Corali della Banca di Legnano, controllata da Bpm. Ma questo rende ancora più curio­so l’interrogativo: perché Ponzelli­ni, se voleva finanziare Penati con una cifra poco più che simbolica, non lo ha fatto alla luce del sole?

Che l’obolo sia stato versato in violazione della legge, per i pm Franca Macchia e Walter Mapelli non ci sono dubbi. Sia i soldi di Ponzellini che degli altri «amici» di Penati sono stati veicolati verso l’ex sindaco di Sesto, nonchè ex presidente della Provincia di Mila­no, utilizzando come schermo la fondazione penatiana Fare Metro­poli. In questo modo le due ban­che hanno evitato di portare al va­glio preventivo degli organismi di­rigenti della banca, come prevede la legge. E Penati ha evitato di do­ver dichiarare la sponsorizzazio­ne.

«Già durante il mio interrogato­rio dell’8 ottobre scorso - dice ieri Penati- ho fornito ai pm tutti gli ele­menti utili a chiarire l’attività del­l’associazione Fare metropoli, il cui contributo a sostegno della campagna elettorale delle provin­ciali 2009 è a tutti noto ed è avvenu­to regolarmente ».In realtà,nel cor­so del suo interrogatorio Penati pa­re si fosse ben guardato dal citare Ponzellini tra i finanziatori della sua fondazione e quindi- anche se indirettamente- della sua campa­gna elettorale.

Se i motivi del (tirchio) sostegno di Ponzellini a Penati sono tutti da scoprire, meno difficile sembra in­dividuare il contesto di rapporti in cui Intini e De Santis decidono di dare una mano all’ex sindaco.

De Santis infatti risulta essere presi­dente della Milanopace srl, la so­cietà immobiliare - il cui ammini­stratore delegato è un collaborato­re di Intini - che ha rilevato un’area in via Pace, a Sesto, dove sono state costruite quattro torri da 84 appartamenti, in uno dei quali abita l’ex braccio destro di Pe­nati, Giordano Vimercati, anche lui sotto inchiesta per corruzione e concussione. A sbloccare l’ope­razione edilizia fu nel 2001 la giun­ta presieduta da Penati: sollevan­do le perplessità dei Verdi, che mettevano in dubbio le tecniche di modifica dell’area, inquinata da rifiuti nocivi.

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