C'è anche il furto di una richiesta di arresto dall'ufficio del gip Massimo Battistini nell'inchiesta romana sui rifiuti. Se non fosse stato per questo «contrattempo», le ordinanze di custodia cautelare per il re della monnezza Manlio Cerroni, proprietario della discarica di Malagrotta, e per altre sei persone coinvolte nell'indagine sarebbero state eseguite molti mesi fa. Invece una provvidenziale manina ha fatto sparire tutto l'incartamento di un'inchiesta andata avanti 5 anni dall'armadio del giudice che doveva pronunciarsi sulle richieste inviate dalla Procura lo scorso marzo, nonostante l'armadio fosse controllato dalle videocamere. E i magistrati hanno dovuto ricostruire tutto il fascicolo, perdendo un bel po' di tempo.
Chi sia stato ancora non si sa, anche se naturalmente è stata aperta un'inchiesta dal pm Alberto Galanti. Certo è che da luglio, quando il furto è stato scoperto, l'applicazione del provvedimento restrittivo è slittata al nuovo anno. Della misteriosa scomparsa del fascicolo parla il gip nell'ordinanza di custodia, affermando che «pur essendo allo stato commesso da soggetti ignoti, il furto deve con ogni probabilità ricondursi alla sfera esercitata dagli odierni indagati, la cui "onnipresenza" all'interno della pubblica amministrazione è conclamata da una serie infinita di riscontri».
Oggi ci sono stati i primi interrogatori davanti al gip Battistini. Giuseppe Sicignano, già supervisore delle attività operative condotte presso gli impianti di Cecchina, e Francesco Rando, amministratore unico di molte imprese riconducibili a Cerroni, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Piero Giovi, storico collaboratore del patron di Malagrotta, ha scelto invece di difendersi respingendo ogni addebito e spiegando che lui si occupava di trasporti.
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