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Ingroia: "Il Pd mi offrì due senatori per desistere"

L'ex pm: "Noi dovevamo desistere e un paio di senatori "mascherati" dovevano essere presentati nelle liste del Pd"

Ingroia: "Il Pd mi offrì due senatori per desistere"

Prima svelato, poi smentito, poi ancora denunciato. Il patto di desistenza tra Ingroia e il Pd scompare e riappare un giorno sì e l'altro pure. Dopo l'accusa lanciata in primis dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e subito smentita dal capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini, l'accordo sottobanco al Senato tra democratici e Rivoluzione Civile è tornato alla ribalta ed è stato sempre avvolto da una coltre di mistero.

Col Pd che ha sempre smentito e col partito di Ingroia che lo ha sempre confermato. E proprio lo stesso ex pm siciliano è tornato alla carica, aggiungendo alcuni dettagli sul presunto patto. "Ricordo che la proposta diceva che noi dovevamo desistere e che un paio di senatori "mascherati" dovevano essere presentati nelle liste del Pd. Dico "mascherati" perché non si doveva riconoscere che erano nostri perché evidentemente Bersani poi doveva dimostrare a Monti di non aver mai fatto un accordo con me".

L'accusa di Ingroia è ancor più circostanziata delle precedenti. E se da un lato svela la paura dei democratici di perdere a Palazzo Madama, soprattutto in regioni come la Sicilia dove l'appeal del magistrato siciliano è molto alto, dall'altro smaschera l'inciucio postelettorale tra Bersani e Monti. Naturalmente prendendo per veritiere le affermazioni di Ingroia.

Il leader di Rivoluzione civile Antonio Ingroia ha poi ribadito che "l’unica proposta politica l’avevamo fatta noi, molto chiara, un patto di governo di centrosinistra dove non poteva esserci spazio per Monti. Bersani non ha mai risposto al nostro appello perché ha deciso di fare un governo con Monti dopo le elezioni".

Fallito il progetto, alla toga non è rimasto che andare dritto per la sua strada, cercando di mettere i bastoni fra le ruote al Pd e raccogliendo, come in parte ha fatto, le adesioni di esponenti delusi di Sel e del M5S. Non per nulla, Ingroia oggi ha ribadito la sua apertura ai fuoriusciti del partito di Nichi Vendola.

Il governatore della Puglia "ci accusa addirittura di stalinismo, noi non rispondiamo alle offese gratuite e infondate. Noi siamo un movimento che ha un mese di vita e che è una casa con le porte aperte a chi vuole venire spontaneamente. Questi fuoriusciti da Sel si vanno moltiplicando così come altri che stanno uscendo dal M5s. Spero che siano sempre di più gli italiani che vogliono entrare in questa casa", ha spiegato Ingroia.

Che poi è tornato sulla lite con Ilda Boccassini in merito all'infausto paragone con il giudice Giovanni Falcone: "Ribadisco quello che ho detto e ne sono convinto".

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