RomaDopo aver esaminato nei giorni scorsi uno a uno i sei referendum del pacchetto giustizia sui quali i Radicali stanno raccogliendo le firme, passiamo da oggi ad analizzare gli altri sei quesiti referendari. I primi due li tratteremo insieme e sono quelli riguardanti l'immigrazione.
Il primo intende cancellare il reato di clandestinità, proponendo di abrogare l'articolo 10 bis del testo unico sull'immigrazione del 1998. Il secondo vuole sbianchettare le norme discriminatorie in materia di lavoro regolare e di soggiorno dei cittadini stranieri, incidendo sullo stesso testo unico del 1998 negli articoli 4bis e 5bis. Come si vede si tratta di temi scioccanti, sui quali l'Italia rischia di spaccarsi. E non a caso il Pdl, che sostiene con convinzione la campagna referendaria sulla giustizia, non appoggia invece questi quesiti anche se mette il silenziatore al suo dissenso, per evitare che influisca sul successo della raccolta di firme. Bisogna però ricordare che chiunque volesse aiutare con la sua firma il raggiungimento delle 500mila autenticazioni necessarie per la presentazione dei referendum (che dovranno poi essere ritenuti ammissibili dalla Corte Costituzionale) può mettere il suo nome solo sotto i referendum che vuole far passare. A proposito, per avere informazioni sui banchetti, ci si può connettere al sito www.referendumradicali.it.
Ma torniamo all'immigrazione. L'abrogazione del reato di clandestinità è considerato dai proponenti una scelta di civiltà, dal momento che si punisce «una condizione anziché una condotta». Non solo. Il reato di clandestinità «deve essere abolito perché dà ai trafficanti la possibilità di ricattare le vittime e ostacola l'emergere delle denunce da parte di chi subisce lo sfruttamento», come ha sottolineato qualche settimana fa Maria Grazia Giammarinaro, rappresentante speciale dell'Osce per la lotta al traffico di essere umani nel corso della sua country visit in Italia. A favore dell'abolizione del reato di clandestinità si è espressa chiaramente anche il ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge, ciò che ha sollevato le ire degli esponenti del Pdl. Tra essi il capogruppo al Senato Renato Schifani, che ha parlato di un «proclama solitario», fatto «senza che gli argomenti siano discussi e concordati in un ambito collegiale». Insomma, in un governo di larghe intese non c'è spazio per temi che non siano condivisi. Ancora più ostili i leghisti. Matteo Salvini così bocciò la proposta di Kyenge: «La ministra dell'Integrazione pensa che andrebbe abolito il reato di immigrazione clandestina. Io invece penso che andrebbe subito abolito il ministero».
Non meno controverso il secondo quesito, il cui scopo è eliminare il legame tra permesso di soggiorno e stipula di un contratto di lavoro. Nelle intenzioni dei Radicali ciò servirebbe a spezzare quel vincolo che condanna centinaia di migliaia di migranti a subire il ricatto continuo dei datori di lavoro o li condanna al lavoro nero.
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