"Gli italiani emigravano...". La vergognosa balla delle Ong a supporto dei migranti irregolari

Dalla Ong il paragone tra i migranti italiani del Novecento e quelli africani di oggi tra ignoranza e fake news: "Studiate la storia"

"Gli italiani emigravano...". La vergognosa balla delle Ong a supporto dei migranti irregolari

I tentativi delle Ong di supportare la propaganda pro-immigrazione non conoscono limiti, nemmeno quelli del buon senso. La dichiarazione dello stato di emergenza da parte del governo, come ha dichiarato il ministro Matteo Piantedosi, è una misura tecnica e non emergenziale per gestire al meglio l'accoglienza e il sistema in un momento storico in cui si sta verificando un incremento enorme degli sbarchi. Ma le Ong non sembrano gradire le mosse dell'esecutivo, che sta evidentemente lavorando per il bene del Paese e per la sua tutela al contrario di quanto avveniva in passato. Abituate ad agire liberamente, senza regole ma, anzi, dettando le proprie, le Ong ora si trovano spiazzate e senza possibilità di imporre la propria linea. Questo le porta ad affermazioni come quelle fatte dall'organizzazione spagnola che arma la nave Aita mari.

"2 milioni di italiani emigrarono in Usa tra il 1900 e il 1914. Allora non c'era lo 'stato di emergenza immigrazione' per effettuare deportazioni e schermare le frontiere. L'allarmismo dovuto all'invasione, la diffusione di messaggi di odio, la stigmatizzazione delle Ong e la violazione dei diritti umani non risolve nulla", scrivono su Twitter. Di inesattezze ce ne sono tante in questo messaggio, che lascia trasparire un certo nervosismo da parte dell'organizzazione. Tuttavia, in nome del rispetto della memoria dei veri migranti e di coloro che hanno lasciato l'Italia, ma anche la Spagna e altri Paesi europei, per trovare condizioni di vita migliore negli Stati Uniti, è necessario fare alcune precisazioni.

Gli italiani, gli spagnoli, i portoghesi e tutti quelli che andavano in America lo facevano con in tasca i loro documenti, che erano quanto di più prezioso e caro avessero. Non li strappavano per lanciarli in mare per ritardare le procedure di identificazione, perché sapevano a cosa andavano incontro se sbarcavano a Ellis Island, nell'Upper side di New York, senza un documento che venisse riconosciuto dall'altra parte dell'oceano. Pagavano le traversate a bordo dei transatlantici e viaggiavano in terza classe con le loro valigie e già a bordo erano invitati a compilare i questionari di ammissione: 31 domande che indagavano la vita del passeggero. E veniva chiesto di tutto: situazione sanitaria, grado di istruzione, alfabetizzazione e professionalizzazione, e così via. Documenti che restavano negli archivi del centro migranti di Ellis Island. All'arrivo veniva fatto uno scrupoloso controllo dei documenti e dello stato sanitario e, se necessario, veniva assegnata la quarantena. Chi non rispettava le rigide regole d'ingresso o aveva problemi di salute importanti veniva imbarcato sulla stessa nave con la quale era arrivato. Gli altri potevano proseguire, imbarcandosi su un traghetto per Manhattan e iniziando la loro vita in America.

Come si può anche solo azzardare il paragone con le migrazioni di oggi. E, infatti, gli stessi utenti che commentano il post della Ong si ribellano a questa narrazione. "Gli Stati Uniti chiedevano espressamente manodopera e i migranti dovevano presentarsi con tutti i documenti in regola, altrimenti li rispedivano a casa. Le donne single non sono state accettate e rimandate a casa. La prossima volta studia un po' di storia", scrive un utente.

E poi, ancora: "Che paragone stupido! Gli italiani, come gli spagnoli e tutti i popoli europei emigrati negli Stati Uniti nel XX secolo, lo hanno fatto con i relativi documenti, altrimenti li avrebbero rispediti da Ellis Island con il primo piroscafo". E così via, in un susseguirsi di inviti a studiare la storia ma anche a fare rotta verso la Spagna, visto che la loro nave che raccoglie i migranti batte bandiera iberica. Ma nessuna replica è arrivata dalla Ong.

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