Roma - Ci sono le tensioni, le urla e gli spintoni visibili, quelli dell' «okkupazione grillina» post-decreto Imu-Bankitalia. E poi ci sono i malumori (più o meno) silenziosi e sotterranei sull'Italicum, ovvero sulla bozza di accordo trovata da Silvio Berlusconi e Matteo Renzi sulla legge elettorale. Non è ancora tempo di voti segreti, di fronde e franchi tiratori. Però sotto traccia a Montecitorio iniziano le ambasciate dei «controllori del voto», capigruppo di maggioranza e loro vice, impegnati a preparare la battaglia parlamentare e verificare se esistano le condizioni per una «imboscata». Il percorso potenzialmente è carico di insidie, visto il segreto delle operazioni di voto. Oggi verrà affrontata la prima prova: quella delle pregiudiziali di costituzionalità. E già qualcuno dentro il Pd suggerisce di riesumare la regola del dito in bella mostra, al momento delle operazioni di voto. Per il momento, però, i partiti ostentano certezze. Matteo Renzi continua a sostenere di non temere l'«incubo dei 101», coloro che impallinarono Romano Prodi, l'influenza di Gianni Cuperlo sulla minoranza Pd o il colpo di coda dei bersaniani. Certo l'assenza delle preferenze non suscita brividi di piacere in quest'area ma pochi scommettono sulla volontà dei parlamentari, con lo spettro delle elezioni dietro l'angolo, di sfidare in campo semi-aperto il segretario. Inoltre un parlamentare della minoranza Pd fa notare che «i grillini stanno dando una grossa mano a Renzi a ricompattare il gruppo. Il loro è un autogol che conferma che la via del dialogo con Forza Italia è obbligata». E perfino Stefano Fassina fa sapere, per il voto sulle pregiudiziali, di aspettarsi un gruppo presente a ranghi completi. I problemi verranno con la gestione degli emendamenti e con il gioco d'aula. Per Forza Italia, infatti, l'accordo è chiuso e non sono ammesse deroghe ai capisaldi della riforma. «Se salta qualcosa, salta tutto» è la parola d'ordine che si ascolta tra i deputati azzurri. Dentro il Pd, invece, c'è ancora chi pensa alla possibilità di rivedere le soglie - dal 4,5 al 4% per i partiti coalizzati e dal 12 all'11 per la coalizione - e all'introduzione delle primarie di Stato, seppur facoltative. Ipotesi questa di non facile realizzazione che dalle parti di Forza Italia viene bollata come «inaccettabile» visto che le primarie del Pd in questo modo verrebbero pagate con i soldi di tutti i cittadini. Non esattamente il massimo in tempi di spending review. Ci sono poi i malumori di Lega e Sel che potrebbero tradursi in un pressing parallelo su Forza Italia e Pd, con conseguenti fibrillazioni tra i due principali partiti. La Lega non è soddisfatta della clausola «salva-Carroccio» che semplicemente non viene considerata tale. Fare il 9% in tre circoscrizioni non è risultato alla portata visto che ad esempio in Piemonte si naviga ampiamente sotto quella soglia. L'unica soluzione per il partito di Matteo Salvini sarebbe abbassare l'asticella al 6-7% ma questa opzione viene considerata dagli stessi leghisti di difficile realizzazione. Sel, invece, lavora sottotraccia per una clausola di autotutela che consenta di recuperare il primo partito escluso, il primo sotto la soglia del 4,5. Una misura che farebbe saltare l'intero impianto della riforma e ne annacquerebbe la portata.
Infine c'è Ncd che resta a metà del guado e si limita a presentare gli emendamenti per le preferenze e le candidature multiple, sorta di paracadute «salva-leader». Sotto sotto, però, a scanso di equivoci e di rischi, coltiva il sogno neanche troppo segreto di una limatina alla soglia del 4,5.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.