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Ius soli, porti aperti e tasse: il "nuovo" Pd è già vecchio

Altro che partito che guarda al futuro, i quattro candidati riportano il dibattito nel passato: ius soli, ddl Zan e tassa di successione per finanziare la dote ai 18enni. Tutte vecchie idee già fallite

Ius soli, porti aperti e tasse: il "nuovo" Pd è già vecchio

E, dunque, come sarà il "nuovo" Pd, quello che sta chiudendo il disastroso "capitolo Enrico Letta" per aprirsi al futuro? Pur non avendo ancora un nuovo capo alla segreteria le parole d'ordine dei candidati alle primarie sono sin troppo chiare per capire quale sarà la rotta. Chi pensava di aver chiuso con certe, fallimentari, battaglie che hanno avuto il solo risultato di dividere il Paese, è stato presto smentito. Il dibattito tra i quattro moschettieri è uno sbiadito collage di vecchi slogan. Privi di idee e schiacciati dal dilagare a sinistra del grillismo di Giuseppe Conte sono, infatti, ripartiti dal passato. E così ci tocca sentirli di nuovo pontificare sullo ius soli e sul ddl Zan, teorizzare la ridistribuzione delle ricchezze attraverso la tassa di successione e, quasi col groppo in gola, commuoversi per i loro trascorsi da comunisti.

"Abbiamo un compito importante - ha detto Elly Schlein all'assemblea del Pd a Roma - non solo eleggere il segretario ma guardare al futuro, una cosa che riguarda le sorti dell'intero campo progressista e del Paese". Messo in chiaro che per tornare ad essere competitivi sul mercato della politica sentivano il bisogno di riesumare figure agée che si pensavano ormai definitivamente rottamate, i quattro dell'Ave Maria si sono fiondati a bomba sui fondamentali. Altro che restyling è tutto un déjà-vu. E come poteva essere altrimenti? Prendete, per esempio, l'intramontabile emergenza immigrazione. La sola risposta ai continui sbarchi, ovviamente, è l'accoglienza. Porti aperti per tutti. Ma non una parola sul dopo. Argomento tabù. Che sennò qualcuno gli tira in ballo lo scandalo della famiglia Soumahoro. Altro tema sul tavolo: gli stranieri (irregolari) che già vivono in Italia. Idee? Un colpo di spugna. Subito lo ius soli.

E ancora un déjà-vu: i diritti arcobaleno. Priorità massima, anche dopo l'approvazione delle unioni civili. Nei giorni scorsi riferivano di un Alessandro Zan già pronto a risfoderare il suo disegno di legge contro l'omotrasfobia. Per la Schlein l'approvazione di quel ddl sarebbe solo l'inizio della battaglia. "È assurdo non averlo approvato, ma non fermiamoci lì", ha spiegato l'ex sardina. "Avevamo detto matrimonio egualitario ma anche i diritti delle famiglie omogenitoriali, i cui bambini sono già nelle scuole e stanno subendo molte discriminazioni".

Sistemati i migranti e gli LGBTQIA+, due "colpetti" all'elettorato più giovane: la legalizzazione della cannabis (pietra miliare del dibattito dem) e la dote ai 18enni finanziata con l'ennesima gabella: la tassa di successione. Al pari della patrimoniale quest'ultima è un evergreen della sinistra: rispunta ciclicamente. Ricordate Enrico Letta in campagna elettorale? Ecco, adesso a riproporla è la Schlein. Bonaccini, invece, a proposito di Fisco, se la prende con la flat tax. Obiettivo: ridistribuzione delle ricchezze. Sempre la solita solfa, insomma.

Perché aspettarsi altro? D'altra parte c'è tra i dem chi vede ancora il partito come una sorta di "chiesa laica che porta avanti i valori" riassunti nella canzone Penso positivo. "Io voglio un grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a madre Teresa", cantava Jovanotti nel 1994. E lo canta ancora oggi Paola De Micheli. Che, al Nazareno, non è l'unica ad abbandonarsi alla nostalgia. Prendete Stefano Bonaccini, già immortalato sotto la bandiera rossa del Pci con tanto di falce e martello. In una recente intervista al Corriere della Sera, non ha fatto mistero delle proprie radici: "Sono stato un comunista emiliano. E non ho nulla di cui vergognarmi; anzi, ne sono orgoglioso".

Che dire d'altro? Questo è il "nuovo" Pd che parte già vecchio.

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