È una polemica antica quella sullincapacità delle regioni meridionali di far fruttare la pioggia di miliardi che arrivano da Bruxelles e dal bilancio statale. Il confronto con la Spagna - le sue autostrade nuove e i suoi avveniristici ponti e tunnel siglati dalla bandiera blu a dodici stelle - è da almeno quindici anni un leit motiv della politica italiana (e, a volte, persino delle chiacchierate dufficio post-vacanze). Eppure Giulio Tremonti è capace, mediaticamente e politicamente, di spolverare una questione tanto evocata quanto disattesa, rimettendola di colpo in cima allagenda.
Quella del ministro dellEconomia è purtroppo unamara verità: a metà del guado del programma europeo 2007-2013, i fondi strutturali che le regioni del Mezzogiorno sono riuscite ad impiegare sono pari a poco più del 6 per cento del totale. E pensare che il boccone sarebbe molto succulento: circa 47 miliardi, 23 provenienti da Bruxelles ed altri 24 di compartecipazione statale. E solo grazie a una proroga di un anno che il governo italiano è riuscito a strappare a Bruxelles non ci sarà a fine 2010 la decurtazione di una quota di risorse.
Lanalisi dettagliata del mare magnum dei fondi comunitari non è impresa da poco, tanto opachi sono i meccanismi di funzionamento delle politiche regionali di sviluppo (il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto parla di «scatola nera», rispetto alla quale ha finalmente annunciato «una ricognizione a partire dalla prossima settimana»). A seguire le stime di chi si è cimentato nello sforzo - lufficio studi di Confindustria - tra le regioni meridionali e insulari è in corso una vera corsa tra zoppi: alla fine del 2009, le migliori performance sono quelle della Sardegna e della Basilicata, riuscite «addirittura» a impiegare il 16,3 ed 14,6 per cento di quanto a loro disposizione, contro i miserrimi 3 per cento della Campania e 5 per cento della Sicilia. Fuori classifica lagghiacciante 0,1 per cento dellAbruzzo. Emblematico e sconfortante è il caso dei cosiddetti «grandi progetti», opere infrastrutturali nei settori della mobilità, delle telecomunicazioni e dellenergia di importo superiore a 50 milioni di euro: su un totale di 56 grandi progetti per il Mezzogiorno (sempre per il periodo 2007-2013), solo 4 sono stati per ora approvati dalla Commissione Europea. E non per sciatteria di Barroso e soci: drammaticamente, accade che i progetti tardino ad essere recapitati a Bruxelles. Accanto ai fondi comunitari, cè poi lenorme partita delle risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate: cè ancora da impiegare il 60 per cento del ciclo 2000-2006. A guardare i numeri, altro che la «cialtroneria» evocata da Tremonti: nel caso delle amministrazioni regionali del Mezzogiorno, di inettitudine si dovrebbe parlare.
Ma da Tremonti ci aspettiamo ora che, dopo il bastone, non usi nei confronti della politica meridionale la carota. Tanto più perché è il ministro dellEconomia espressione di una maggioranza che ha comunque governato quasi per intero il periodo di programmazione precedente a quello attuale (la fase 2000-2006) e che esaurirà le sue funzioni alla scadenza del ciclo 2007-2013. E ancora, perché è il ministro di un governo che ha scelto a torto o a ragione di sottrarre dai fondi Fas 2007-2013 le risorse necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga (come a dire, dal Mezzogiorno ai disoccupati di tutta Italia).
Cialtroneria o inettitudine, essa non può essere solo indicata. Va contrastata. E per farlo, è forse il momento di certificare la sostanziale inutilità delle politiche di sussidio per il Sud. Ai fondi europei non si può facilmente rinunciare (per essi è auspicabile che alla ricognizione di Fitto segua un serio piano di riordino del sistema di programmazione e gestione), mentre è sì possibile immaginare una rivoluzione copernicana rispetto alla tante risorse che dal bilancio statale transitano lentamente e male, per tacere della corruttela nelle casse regionali.
Lanalisi
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.