Bari La Corte europea dei diritti dell'uomo respinge il ricorso del governo italiano, che adesso dovrà quindi pagare 49 milioni di euro ai costruttori. Vale a dire: il più alto risarcimento mai imposto a uno Stato. Con questa stangata per le casse pubbliche si conclude la vicenda giudiziaria di Punta Perotti, tredici torri a ridosso del lungomare di Bari, 300mila metri cubi di cemento sbriciolati con le gioiose demolizioni del 2 e del 24 aprile del 2006, quando il complesso edilizio che oscurava l'orizzonte fu spazzato via in un istante immortalato dalle telecamere di tutto il mondo.
Il fatto è che il cosiddetto ecomostro aveva le carte in regola. Tanto che i costruttori furono assolti il 29 gennaio del 2001 con sentenza definitiva della Cassazione, che dispose però la confisca degli immobili poi acquisiti al patrimonio del Comune di Bari. Le tre società che realizzarono gli edifici - Sud Fondi, Iema e Mabar - decisero quindi di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo che il 20 gennaio del 2009 condannò l'Italia stabilendo che la confisca fu un'ingerenza nel legittimo diritto dei ricorrenti di beneficiare delle loro proprietà, sottolineando che le imprese non ebbero la possibilità di rientrare in possesso dei terreni in quanto nel frattempo furono destinati a parco pubblico. I giudici europei invitarono il governo a cercare un accordo, ma l'intesa non c'è mai stata. E il 10 maggio è stata stabilita l'entità del risarcimento, nettamente inferiore rispetto ai 571 milioni di euro chiesti dai costruttori. A questo punto il governo italiano ha impugnato la sentenza dinanzi alla Grande camera di Strasburgo. Ma senza risultato: il ricorso infatti è stato bocciato e adesso su questa storia infinita sembra arrivata la parola fine. Il che vuol dire un esborso tutt'altro che trascurabile di soldi pubblici, per giunta in una fase di crisi economica.
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