Ignoranti e incapaci. Si riuniscono in un Parlamento illegittimo per varare una legge che legittimi di nuovo la loro illegittimità. La Consulta corregge una legge sbagliata e indica i due punti di evidente violazione dei diritti dei cittadini: alterare il loro voto per il premio di maggioranza e impedire che si scelgano i parlamentari. Mi sembra evidente che le due correzioni ristabiliscono elementari princìpi di democrazia, anzi la ragione stessa del voto.
E ha ragione il vice presidente della Corte Costituzionale Luigi Mazzella che, acutamente, spiega come le correzioni della Consulta rendano la legge elettorale efficiente e utilizzabile, migliore di tutte quelle che il Parlamento si avvia a realizzare. Sono tre tornate elettorali che non si vota perché, come indica la Costituzione, votare vuol dire scegliere i parlamentari. Anzi, le due Camere. Perché un altro delirio di menti ottenebrate presuppone addirittura l’eliminazione del Senato, non una sua diversa funzione, ma sempre garantita da un’assemblea di eletti. La perversione di nominare, mentre per ogni lavoro s’invocano le regole e si moltiplicano i concorsi per scegliere i migliori, secondo un altro principio molto in voga negli anni scorsi: la meritocrazia. Essa è richiesta a tutti, meno che ai parlamentari. E la cecità dei novelli costituenti (legge elettorale, eliminazione del Senato) sembra ignorare non solo la sentenza della Consulta, ma l’inevitabile rischio che si pronunci ancora, ristabilendo i princìpi elementari che anche la nuova legge stolidamente contraddice. In questa frenesia di sciocchezze, in questi deliri di piccoli satrapi nominati, in questo scaricare i nuovi errori sul fantasma del Commendatore ( pardòn, Cavaliere disarcionato) che non vorrebbe le preferenze, gradite invece a Renzi, in un risibile palleggio di responsabilità, s’insinua finalmente una espressione di buon senso, giusta e quindi interpretata come una provocazione, in tempi di oscuramento della ragione.
Nei titoli di testa del Giornale di domenica si legge: «Italicum, la provocazione di Berlusconi: Quote rosa? allora anche le preferenze». Infatti nel tripudio di sciocchezze, di luoghi comuni, di mode che si fanno leggi, non poteva mancare la richiesta di un Parlamento costituito, dall’alto ( e quindi non dal popolo), del 50% di donne. Ancora una volta l’insensatezza, come stabilire fidanzamenti e matrimoni non per scelta, ma per imposizione. Ma per evitare sopraffazioni si garantirebbe agli elettori di poter decidere la composizione del Parlamento soltanto con la preferenza. Se meritassero di entrare in Parlamento, come meritano, Daria Galaterìa, Giulia Maria Crespi, Cristina Busi, Barbara Spinelli, così come entrarono Tina Anselmi, Lina Merlin, Nilde Iotti, Silvia Costa, non sarà perché sono messe in testa di lista, con elezione forzata ( quindi nomina automatica) ma perché avranno avuto i voti degli elettori. E allora che a scegliere di deputati, come dice la Costituzione, siano i cittadini.
Nessuna «provocazione» di Berlusconi, ma il ritorno alla legalità, tanto invocata da chi costantemente la viola. E nessuno vada in Parlamento perché imposto. Uomo o donna che sia.
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