L’inchiesta

MilanoÈ quasi l’ora di pranzo quando Edmondo Bruti Liberati, capo della Procura che indaga su Silvio Berlusconi per il «Rubygate», si affaccia dal suo ufficio per uno dei consueti briefing informali con la stampa. E rende ufficialmente noto che negli atti della Procura non ci sono immagini scattate nella villa di Arcore durante le feste del «bunga bunga». Fotografie ce ne sono, conferma Bruti, e una parte non sono ancora state esaminate. Ma per quanto si è visto finora, non costituiscono la «pistola fumante», la prova visiva che incastrerebbe il premier. «Ci sono solo immagini innocenti», dice Bruti in un primo momento. Poi si corregge leggermente, e dice che ci sono solo «immagini irrilevanti». Cioè: nei computer di alcune ragazze sono stati sequestrati scatti in cui alcune di esse appaiono in pose non esattamente monacali. Ma non vi appare il capo del governo, e nulla dice che siano state scattate durante una delle feste di cui si occupa l’indagine.
La precisazione è importante, perché nelle ultime ore il tam tam mediatico che dava per certa l’esistenza delle fotografie si era fatto intenso. Non si può escludere, ovviamente, che qualche immagine, più o meno esplicita, esista, né che prima o poi finisca ai giornali. Ma la posizione del procuratore milanese è netta. Non è su prove di questo genere che la Procura si accinge a concludere l’inchiesta contro il presidente del Consiglio.
Che l’inchiesta sia destinata a chiudersi in tempi stretti non è, d’altronde, più così sicuro. Come riferito ieri dal Giornale, Bruti Liberati ha confermato che una decisione sul come andare avanti verrà presa solo durante il fine settimana. L’obiettivo di chiedere il giudizio immediato a carico del Cavaliere si sta rivelando sempre più impervio. Ultimo scenario: la Procura potrebbe chiedere di processare Berlusconi solo per il reato di concussione, ovvero solo per la telefonata alla questura di Milano che portò alla liberazione di Ruby il 27 maggio scorso. Il secondo reato, l’utilizzo di prostituzione minorile, a quel punto diverrebbe inevitabilmente di competenza della Procura di Monza: retta peraltro da Corrado Carnevali, fino a pochi mesi fa numero due della Procura milanese. In ogni caso, l’impatto mediatico resterebbe enorme, perché anche nel processo per concussione Bruti e i suoi pm scaraventerebbero tutto il materiale d’accusa relativo alle feste di Arcore, al fine di illustrare compiutamente il contesto che, secondo la loro tesi, portò alla telefonata del 27 maggio.
Della bocciatura da parte della Camera dei deputati della richiesta di perquisire gli uffici milanesi di Silvio Berlusconi, il procuratore capo non è sembrato particolarmente preoccupato. L’impressione è che il pool milanese intenda rinunciare senza troppe polemiche alla perquisizione. Lo scontro vero con la Camera, semmai, arriverà in una seconda fase: quando la Procura, prima di arrivare al processo, chiederà di poter trascrivere e utilizzare le telefonate di Silvio Berlusconi intercettate durante le indagini preliminari. Sull’esistenza di queste telefonate, ieri Bruti Liberati ha dichiarato di non avere nulla da dire. Ma è pressocché certo che i nastri ci siano. Le conversazioni di altre due parlamentari, la deputata Maria Rosaria Rossi e l’eurodeputata Licia Ronzulli, sono già state trascritte e utilizzate.

Ma il vero asso nella manica che la Procura intenderebbe calare, ben più delle fantomatiche fotografie, sono le telefonate del Cavaliere. Certo, la Camera potrebbe rifiutare l’okay. Ma, come si è già visto, basterebbe la richiesta a scaraventare le chiacchiere del premier nel firmamento dei mass media.

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