Adalberto Signore
RomaQuella presenza in tribuna donore allo stadio di Kiev nel Palazzo è stata letta come un segnale chiaro: Monti - reduce dal celebratissimo successo di Bruxelles - si è liberato dellabito grigio del tecnico e ha debuttato in politica.
Non è un caso che, proprio nello stesso giorno dellesordio nazional-popolare del premier, due pezzi da novanta della sua maggioranza come Casini e DAlema (ma anche Enrico Letta) si siano sbrigati ad arruolarlo in uno schieramento più o meno largo (quello casiniano prevede anche «il Pdl o una sua parte», mentre DAlema annette tout court Monti al socialismo europeo) che dovrà governare nella prossima legislatura. Di certo, lentrata in scena di un possibile Monti-politico scombina le partite in corso e riapre i giochi negli schieramenti. A cominciare da quello che si sentiva già vincitore alle prossime politiche, il centrosinistra.
Il Professore tace sullargomento, non conferma e non smentisce le investiture che gli piovono addosso da varie parti (anche Berlusconi, nei giorni scorsi, ha ipotizzato grandi coalizioni montiane per il futuro) e - mentre i big politici si azzuffano sul suo futuro - si immerge nel complicatissimo presente, in cui deve mettere insieme e far digerire a ministri, partiti e parti sociali la spending review. Il segretario del Pd Bersani comincia a vedere sfumare lo scenario che aveva immaginato: primarie (tanto da glissare con un «quando sarà il momento ne parleremo»), alleanza con Vendola e Casini, Palazzo Chigi per il 2013. E frena lentusiasmo dalemiano: certo Monti è «una risorsa», ma «non voglio arruolarlo», e se a Bruxelles «è riuscito» è perché in Francia hanno vinto i socialisti e «non cè più Sarkozy». Tradotto, è laffermazione del fronte progressista che può assicurare un ruolo allItalia nellUe. Ma intanto il fronte progressista rischia di saltare per aria, a causa di Monti e dellinvestitura dalemiana: Vendola annuncia che in compagnia dellUdc e del Prof non ci sta neanche morto. «Se lasse della futura coalizione sarà montiano, noi saremo in competizione - annuncia Paolo Cento di Sel - e voglio vedere se prendiamo più voti noi con Di Pietro, i sindaci, la Fiom o il Pd con Casini». Senza contare, aggiunge, che sulla spending review potrebbe «saltare tutto lidillio filo-Monti» perché «se si toccano gli statali, la Cisl farà liradiddio, la Cgil non si farà scavalcare e il Pd rischia dimplodere».
Decisamente meno agitate le acque in casa Pdl. Ma non certo perché il problema Monti non esista, quanto perché il partito è così in confusione che fatica persino a focalizzare. È vero, cè Gasparri che definisce un «errore» il «dare una connotazione politica» al premier o Crosetto che accusa Casini e Letta di voler «provocare il voto anticipato». Ma in altri tempi, magari solo un mese fa, ci sarebbe stata una vera e propria sollevazione sul silenzio di Monti, con i falchi a pretendere chiarimenti sulla natura tecnica o politica dellesecutivo. Nulla di tutto questo. Anzi, il presidente del Senato Schifani ringrazia pubblicamente il Prof per i risultati di Bruxelles.
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