L’INTERVISTA GIANFRANCO PASQUINO

Roma«I catastrofisti sono rimasti - mi passi il termine - sotto le macerie».
E le scosse che avrebbero dovuto far vacillare il premier?
«Non ce ne sono state».
Professore Gianfranco Pasquino, è stato davvero un G8 di successo?
«Gli organizzatori italiani, a partire da Silvio Berlusconi, hanno fatto un buon lavoro. E un grosso merito va al ministero degli Esteri e alla Protezione civile. Detto questo, credo ci sia stato un aiuto concreto, non so se decisivo, da parte di Barack Obama».
A cosa allude?
«Ha posizionato il vertice sulla linea giusta. E anche grazie a lui sono state raggiunte decisioni concrete. Insomma, gli darei 7+».
E al Cavaliere?
«Anche a lui 7+. Rischiava molto, ma è ne uscito in maniera positiva».
“La Repubblica” forse non condividerà.
«Non c’è dubbio, faceva parte dei catastrofisti. Era tra chi affermava che il G8 non avrebbe avuto successo e anche oggi (ieri, ndr) scriveva che non ne ha avuto abbastanza. È un’esagerazione, dovrebbe valutare il vertice aquilano in maniera differente, visti i risultati notevoli».
Ottenuti nonostante i recenti attacchi da parte della stampa estera.
«Sì, innanzitutto dal Guardian, che ha avuto un’uscita infelice. Ma si capisce: gli inglesi ci criticano abitualmente e sono sempre in competizione. E poi ci sono stati pure il New York Times e qualche giornale spagnolo. Ma anche lì...».
Continui.
«Be’, pure gli iberici avevano certamente un altro obiettivo, interessi costituiti».
Intanto ci ha messo il carico Antonio Di Pietro sull’“Herald Tribune”.
«È stata un’azione abbastanza sconsiderata, da cui non otterrà alcun vantaggio. E screditando il capo del governo danneggia il Paese intero».
Come esce dalla “tre giorni” il Pd?
«Non ne esce».
In che senso?
«Ho perso contatti con chi fa politica estera nel Pd. Chi è il responsabile? Non ha fatto alcuna affermazione significativa, non ha strategia, rimane in attesa».
Nella speranza di qualche scossa?
«Hanno avuto solo un non tanto pio desiderio».
Quali effetti avrà il successo del G8 sul gradimento interno verso il premier?
«Credo sia pochissima la possibilità di incidere, visto l’interesse limitato degli italiani in politica estera. Ma Berlusconi di certo ne ha bloccato l’erosione, mantenendo il consenso. E visto che riesce a sfruttare bene le situazioni favorevoli, potrebbe anche entrare nella “zona grigia” di chi aveva guardato con preoccupazione allo scandalo».
Quindi, piani da separare?
«Assolutamente sì. E la sarabanda mediatica sulle feste continuerà, perché l’obiettivo rimane quello di farlo dimettere. Dal canto suo, Berlusconi dovrebbe chiarire una serie di passaggi importanti e fare più attenzione alla linea divisoria tra sfera pubblica e privata».


Sempre in politica interna, come inquadra la “resa dei conti” tra democratici?
«Guardi, lo scontro è inevitabile quando la posta in gioco è alta. Ma è difficile sapere come ne usciranno, da qui al congresso, e su cosa si stanno confrontando. L’alternativa non può essere tra giovani e vecchi. In questo caso, i secondi sopravviveranno tutti...».

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