L’ira bipartisan dei politici: "È una procedura scorretta"

La mossa sul filo dell'incostituzionalità. L'ex ministro Pdl delle Comunicazioni Romani: "Stravolte le regole, è un'ingerenza gravissima"

L’ira bipartisan dei politici: "È una procedura scorretta"

Di certo Monti ha sparigliato le carte. E lasciato tutti di stucco. Ora bisognerà vedere se la sua prova di forza reggerà l’impatto con l’approvazione da parte degli organi politici. Perché, ieri sera, non appena le agenzie hanno cominciato a battere i nomi indicati da Monti come presidente e direttore generale della Rai, si è levata una selva di contestazioni, soprattutto da parte dell’area politica del Pdl. In particolare vengono contestati i criteri di nomina del direttore generale o, comunque le tempistiche, che non sarebbero conformi alla legge Gasparri che governa la televisione pubblica. Detto in parole semplici, la nomina del direttore generale è di competenza del Consiglio di amministrazione d’intesa con il governo. Questo significa, come è stato fatto in passato, che prima viene nominato il Cda e che, in seguito, di concerto con il governo si sceglie il direttore generale. Mentre Monti ha seguito la via contraria. Consapevole di questa anomalia, ieri il premier ha specificato in conferenza stampa che le sue sono solo «indicazioni»: «Il presidente del Consiglio ha comunicato l’intenzione di presentare, per il tramite del rappresentante del ministero dell’Economia nel Consiglio di amministrazione della Rai (e quindi di Marco Pinto appena nominato), la candidatura di Gubitosi a direttore generale. Nel caso in cui la candidatura fosse approvata, il ministero dell’Economia sosterrà in assemblea degli azionisti l’adesione alla nomina». Insomma, formule prudenti che però non convincono tutti gli esponenti politici. L’ex ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, interviene duramente: «È un’ingerenza gravissima - dice - l’indicazione dei direttori generali della Rai da parte del governo. Non discuto la qualità del nome indicato, ma le regole e le modalità sono stravolte dal governo. Il dg della Rai deve essere nominato dal Cda, a sua volta espressione del Parlamento. È una regola di garanzia dell’autonomia del servizio pubblico che l’editore sia il Parlamento, rappresentativo della volontà popolare», aggiunge. Per Romani «tale ingerenza è ancora più grave in quanto il governo Monti non ha superato alcun vaglio elettorale». Anche a sinistra c’è preoccupazione «Ricordiamo - dicono in una nota il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita - che il direttore generale non può essere indicato dal presidente del Consiglio, ma dovrà essere deciso dal prossimo consiglio. Qualsiasi altro percorso potrebbe essere invalidato ed impugnato. Le regole vanno comunque rispettate». Il problema non si pone invece per il presidente che, come recita la legge, deve essere indicato dal governo e poi approvato dalla commissione parlamentare di vigilanza.
Il presidente del Consiglio ha anche dato indicazioni che, se approvate, avranno una ripercussione fortissima in azienda. Sono le modifiche al sistema di governance della Rai che porterà maggiori poteri al presidente e che gli consentiranno diverse azioni importanti.

Uno: approvare, su proposta del direttore generale, gli atti e i contratti aziendali che, anche per effetto di una durata pluriennale, importino una spesa superiore ai 2.582.284 euro fino a 10.000.000 euro. Due: nominare, su proposta del direttore generale, i dirigenti di primo e secondo livello non editoriali.

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