L’opposizione spaccata. Conte: non è una priorità. E il Pd stanga le imprese

Avs punta a colpire i patrimoni milionari. I centristi si smarcano, i Dem ambigui

L’opposizione spaccata. Conte: non è una priorità. E il Pd stanga le imprese
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Come un fiume carsico, la patrimoniale ritorna periodicamente tra le idee e le proposte della sinistra, sempre attratta da questo totem identitario, e affascinata dalla retorica del «colpiamo i ricchi».
L’esempio più famoso è l’iconico manifesto del 2006 di Rifondazione, con lo slogan mutuato da una famosa telenovela messicana e trasformato in esortazione: «Anche i ricchi piangano». Lo sfondo? Quello di un panfilo. Un messaggio che persino Massimo D’Alema liquidò come «una stupidaggine e una indecenza».
Ma di cosa si parla quando viene evocato questo strumento? La patrimoniale è un'imposta che colpisce il patrimonio, sia mobile che immobile: denaro, case, azioni, valori preziosi, obbligazioni. Può colpire sia le persone fisiche che quelle giuridiche. Può essere fissa o variabile. Nel primo caso, viene versata indistintamente da tutti i contribuenti per lo stesso importo. Nel secondo, varia in funzione del patrimonio dei contribuenti.
Ora, la proposta torna d’attualità grazie all’intervento del segretario della Cgil, Maurizio Landini, che rilancia l’idea di una tassa dell’1,3% sui patrimoni superiori ai due milioni di euro. Una misura che, secondo le stime del sindacato, interesserebbe circa 500mila contribuenti, generando un gettito di 26 miliardi di euro all’anno. Risorse che, nelle intenzioni del leader sindacale, dovrebbero essere destinate al sostegno del welfare, al rilancio della sanità pubblica e a politiche di equità salariale. A fargli eco, Alleanza Verdi e Sinistra, che sposa pienamente la linea della Cgil. «Meloni scrive che con la destra al governo mai patrimoniali — attacca Angelo Bonelli — ma la realtà è che la pressione fiscale è salita al 42,8% e a pagarla sono sempre gli stessi: lavoratori e pensionati. In Italia ci sono 62 super-ricchi con 200 miliardi di euro di patrimonio. Perché non dovrebbero dare un contributo per la sanità pubblica o per aumentare stipendi e pensioni?». Sulla stessa linea anche Nicola Fratoianni, che cita sondaggi favorevoli: «L’81% degli elettori di destra e l’84% di quelli di centrosinistra approverebbero una tassa sulle grandi ricchezze. Si tratterebbe di una misura che colpisce pochissimi ma con benefici evidenti per tanti».
In ogni caso, l’idea di fondo sarebbe quella di un contributo di solidarietà temporaneo e progressivo per riequilibrare le fratture sociali che la crisi economica e l’inflazione hanno acuito.
Giuseppe Conte si chiama fuori: «Non so se nella sinistra c'è una discussione sulla patrimoniale, ma per quanto ci riguarda noi siamo una forza progressista indipendente una patrimoniale non è all'ordine del giorno». E anche i centristi di «Italia viva» si smarcano.
A spingere per un approccio «riformista» sul tema è il deputato Pd Roberto Morassut, che collega la questione patrimoniale alla fiscalità urbana. Secondo l’esponente dem, «in Italia il prelievo medio sul valore aggiunto delle trasformazioni urbane è appena del 2%, mentre in Europa oscilla tra il 20 e il 50%».
Morassut propone quindi di graduare gli oneri di urbanizzazione in base ai profitti generati dalla rendita immobiliare, in modo da restituire parte del valore prodotto alla collettività.

«Il riformismo non può essere un richiamo letterario o ideologico — afferma — ma deve tradursi in misure concrete e incisive che cambino i rapporti sociali e di classe nella direzione della giustizia sociale». Il tema, insomma, come sempre divide il campo politico ma resta uno dei più forti marcatori identitari della sinistra.

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