«L’usato sicuro» di Bersani fa flop L’ira Pd: un autogol, sa di vecchio

«L’usato sicuro» di Bersani fa flop L’ira Pd: un autogol, sa di vecchio

RomaLa battuta sul Pd «usato sicuro» gli è venuta di getto, e davanti a novità epocali come la scesa in campo di energie fresche quali Beppe Pisanu e Lamberto Dini o come il casiniano Partito della Nazione ci stava tutta.
Dentro il partito, però, lo humour di Pier Luigi Bersani non ha fatto ridere tutti, e ha indispettito molti. A rottamatori, rinnovatori, giovani leve e - soprattutto - a chi teme un «arroccamento socialdemocratico che ci porterebbe a sbattere», come denuncia ad esempio Peppe Fioroni, «mentre è urgente che il Pd superi le tentazioni di conservazione» che lo stanno imprigionando. Nel Pd c’è già «anche troppo usato», protestano i parlamentari Sandro Gozi e Andrea Sarubbi, «va rinnovato il parco macchine». Per Pippo Civati «deve essere stato un lapsus freudiano», e comunque «noi aspettiamo l’uscita del nuovo modello. Soprattutto per quanto riguarda i parlamentari» (Civati, va detto, è uno degli aspiranti parlamentari di «nuovo modello»). «Ottima battuta, ma eviterei di usarlo come slogan», ironizza via Twitter Paolo Gentiloni. Presentarsi come «usato sicuro» nel momento di massima esasperazione dell’opinione pubblica contro la «vecchia politica» in generale rischia di essere un pericoloso autogol. A Gentiloni replica il capo della comunicazione Pd, Stefano Di Traglia, fedele interprete del pensiero bersaniano: «Ma Hollande è usato sicuro o finto innovatore? Affidabile berlina da 200mila chilometri o citycar da pochi?». Già: Bersani e i suoi, in queste ore, stanno con la testa da un’altra parte. A Parigi, per la precisione: l’auspicata vittoria del leader socialista, nelle loro speranze, potrebbe trasmettere nuova linfa anche all’ «usato sicuro» Pd. Non solo spostando a sinistra gli equilibri europei, ma anche rendendo realistica e plausibile pure in Italia l’ascesa di un socialista (cioè lui, Bersani) a Palazzo Chigi. Sull’onda di un primo successo, che il Pd si aspetta di raccogliere alle prossime amministrative, «più per mancanza di concorrenti che per nostro merito», ammette un dirigente. Il Pd si aspetta di tenere le città che ha già, di vincerne qualcuna di nuova e di affermarsi indiscutibilmente come primo partito italiano, in alleanza con Sel e Idv. «Ma questo tipo di scriteriate alleanze coatte nate in un’epoca che non esiste più, quella di Vasto, deve restare una parentesi», insorge ad esempio il lettiano Francesco Boccia. A turbare i sogni di vittoria bersaniani c’è l’incognita dell’onda montante dell’antipolitica, che potrebbe provocare emorragie di consensi anche a sinistra. Un’onda sulla quale, dicono al Nazareno, soffiano grandi giornali e tv: «È indecente il pompaggio mediatico che stanno concedendo a Grillo». Indecente e interessato: «Si cavalca il fenomeno grillino con uno scopo ben preciso: far sì che alle prossime politiche non vinca nessuno, in particolare noi, e rendere obbligatoria una nuova grande coalizione».
Questo è l’oscuro disegno che si sospetta ai piani alti del Nazareno, per impedire di chiudere la parentesi Monti - Grosse Koalition (che invece il lettiano Boccia rilancia anche per la prossima legislatura) e di varare un’alleanza di centrosinistra Pd più Sel (tagliando fuori Di Pietro) che vinca le elezioni e faccia un accordo di governo con il centro casiniano. Nel qual caso Bersani andrebbe a Palazzo Chigi, Casini al Quirinale e il cattolico Franceschini alla segreteria del Pd. Uno schema di gioco che fa inorridire più d’uno, nel partito bersaniano, e che molti giudicano irrealistico.

«Casini con noi si allea solo in una grande coalizione, altrimenti lavora ormai ad un centro alternativo e competitivo con il Pd», dice Gentiloni. Sulla strada delle alleanze a sinistra, il Pd rischia di restare senza interlocutori al centro, o di fare «la fine di Occhetto e Martinazzoli» evocata da Fioroni.

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